Referto e informazione sull’esposizione

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    Considerazioni riguardo l’implementazione dell’art. 161 D. Lgs. 101/20

    Francesco Ria (fisico medico)

    L’attuazione della Direttiva 2103/59/EURATOM è realtà anche in Italia con l’approvazione del D. Lgs. 101/20. Uno dei punti di cui si è discusso maggiormente negli ultimi cinque anni, e che ancora farà discutere, riguarda la comunicazione dell’informazione relativa all’esposizione nel refererto della procedura medico-radiologica previsto all’art. 161. Il D.Lgs. prevede che ciò avvenga in conformità alle linee guida emanate dal Ministero della Salute assieme alla Conferenza Stato-Regioni e con il concorso delle società scientifiche. In attesa che le linee guida vengano emanate, nel referto va riportata l’indicazione della classe di dose (da I a IV) secondo quanto descritto nelle Linee guida per la diagnostica per immagini del 2004.

    L’indicazione della classe di dose, dunque, è un punto di partenza, temporaneo, nulla di più. Per esperienza sappiamo che in Italia ciò che è temporaneo con estrema facilità può diventare permanente. Come fisici medici, però, e come professionisti sanitari, occorre riflettere attentamente sullo spirito della norma e sulla sua applicazione perchè, a giudizio di molti, e mio personale, su ciò si basa un importante partita riguardante il futuro della nostra professione. Una domanda va posta con onestà: il lavoro del fisico medico può essere ridotto al semplice inseririmento di un numero tra 1 e 4 in un referto? Ovvio che no [1]. Per fare ciò un foglio elettronico di calcolo è più che sufficiente. Allora, cosa chiede davvero la norma al fisico medico? Perchè c’è bisogno di comunicare al paziente il suo dato di esposizione? Eravamo tutti felici quando nessuno lo scriveva nel referto e nessuno poneva domande.

    1 COMMENTO

    1. Molto interessante, in generale concordo con il percorso delineato dal collega e, non ostante le difficoltà, credo che abbiamo il dovere di essere ottimisti.
      Occupandomi di Radioprotezione anche al di fuori del campo medico e anche al di fuori delle stesse ionizzanti vedo però grossi ostacoli.
      Il termine radiazioni di per sé scatena nel pubblico paure difficili da razionalizzare e il progresso della tecnologia rende certamente agevolmente fruibili molti canali di informazione affidabili, questo in primis, ma anche molte informazioni confondenti
      Si può dire che il rapporto segnale/rumore tende purtroppo a ridursi.
      Credo che una delle principali sfide sia quella di fare comprendere la questione del rapporto rischio/beneficio aiutando a collocare le radiazioni ionizzanti nel giusto contesto.
      Credo anche che dobbiamo ammettere che un certo modo di fare Radioprotezione, privilegiando le soluzioni cautelative per il valutatore sia da ridiscutere.
      Se il modello LNT è sempre invariabilmente alla base di ogni assunzione e se non riusciamo a fare capire che esistono casi in cui una certa esposizione a radiazioni ionizzanti è non solo inevitabile ma anche accettabile non ne usciamo.
      Anche nel nuovo decreto, apparecchi radiogeni industriali da 40 kV e 80 uA, che funzionano solo a contatto con il pezzo da studiare , possono richiedere il Nulla Osta del Prefetto.
      Sarà anche guadagno per molti di noi, ma se i raggi X sono così pericolosi non è facile dimostrare la loro utilità ai pazienti.
      In assenza di modifiche legislative, la nuova normativa sul radon, sempre a causa dell’LNT, porterà forse beneficio all’edilizia, ma difficilmente alla salute, visto l’impiego di risorse che richiederà.
      Il problema non è solo nostro, si veda il dibattito sul rilascio di trizio per proseguire la bonifica di Fukushima.
      Proprio la storia dei cosiddetti disastri nucleari ci dovrebbe far riflettere su come le questioni complesse devono essere affrontate con responsabilità.
      Un certo ambientalismo forse in buona fede ma ingenuo, ha portato a spostare il problema delle sorgenti di energia sempre altrove, spingendo a costruire, reattori mostruosamente grandi, incontrollabili per la quantità di energia in gioco.
      La fissione nucleare funziona oggi con la tecnologia ideata negli anni 60, quando sono nati anche i primi motori diesel.
      Il diesel si è evoluto verso motori più piccoli e meno inquinanti salvo poi scoprire che per non inquinare serve abbandonare la combustione e più energia elettrica.
      Il nucleare è ancora quello di allora.
      Meno crociate e più ricerca non avrebbe fatto male allora e non farebbe male oggi.