La PET è un esame di diagnostica per immagini che utilizza radiazioni ionizzanti: esso viene eseguito nel reparto di Medicina Nucleare, non è invasivo e nemmeno doloroso.  Il termine PET (che significa “Tomografia ad Emissione di Positroni”, dall’inglese “Positron Emission Tomography”) viene utilizzato sia per indicare l’esame in sé sia per indicare il macchinario per eseguirlo.

A che cosa serve questo esame?

L’esame PET serve per ottenere delle immagini funzionali del corpo: questo significa che le informazioni che se ne traggono non riguardano tanto la “forma” di organi e strutture del corpo (ovvero l’anatomia), ma il loro metabolismo e il loro “funzionamento” (ovvero la fisiologia). Per questo motivo è un esame utile in campo oncologico (ma non solo) perché permette di individuare la sede di localizzazione di eventuali formazioni tumorali di natura maligna nel corpo.

Come funziona l’esame PET?

La PET sfrutta, per il suo funzionamento, il decadimento di speciali radiofarmaci, composti da cosiddetti “radionuclidi emettitori di positroni”), legati a specifiche molecole.

Il radiofarmaco viene somministrato al paziente per via endovenosa e si distribuisce così in tutto il corpo. Grazie alla molecola “traghettatrice”, il radiofarmaco però si accumula in modo estremamente selettivo in alcune parti del corpo, ad esempio in vescica e in corrispondenza delle aree tumorali. 

Dopo un tempo caratteristico il radiofarmaco, decadendo, emette “radiazioni” chiamate positroni. Un positrone è una particella simile all’elettrone, ma con carica elettrica opposta: quando un positrone incontra un elettrone, vengono prodotti dei fotoni e lo scanner PET è in grado di registrare questi fotoni e trasformarli in immagini.

Il radiofarmaco più utilizzato in PET è il glucosio marcato con Fluoro-18 (che viene chiamato 18F-FDG fluorodesossiglucosio). Le cellule metabolicamente più attive sono ghiotte di zuccheri e accumulano quindi maggiormente 18F-FDG rispetto alle cellule poco attive. Il fatto che le tumorali mostrano generalmente un metabolismo del glucosio aumentato fa si che il radiofarmaco si concentra proprio all’interno di queste e rimane intrappolato: è questo il trucco usato per realizzare le immagini! Inoltre il tempo di dimezzamento del 18F-FDG è relativamente breve, di poco inferiore alle 2 ore, e questo significa che a poche ore dall’esame la quantità di radionuclide presente nel corpo del paziente sarà trascurabile.

Il radiofarmaco viene normalmente iniettato per via endovenosa nel paziente e, a seconda del tipo di esame, l’acquisizione con PET avverrà immediatamente dopo l’iniezione o nell’arco di poche decine di minuti. L’acquisizione con la PET dura generalmente dai 10 ai 40 minuti.

Come è fatta la macchina?

Lo scanner PET che vedete in fotografia è dotato di rivelatori per fotoni montati ad anello circolare tutto attorno al lettino su cui viene posizionato il paziente. La macchina converte le radiazioni emesse dal radiofarmaco somministrato al paziente in un segnale elettrico e le trasforma in immagini. Le immagini ottenute sono “fette” anatomiche del paziente e descrivono la distribuzione 3D della captazione del radiofarmaco.

Nelle apparecchiature più recenti lo scanner PET è affiancato da uno scanner TC, apparecchiatura normalmente usata in radiologia per acquisire immagini morfologiche del corpo umano utilizzando i raggi X. Dalla fusione delle immagini prodotte da queste due apparecchiature si ottengono gli studi PET-TC, ovvero delle ricostruzioni di immagini funzionali e morfologiche. 

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