Casualmente sono venuto a conoscenza di un articolo pubblicato su un quotidiano online del Salento. L’articolo, scritto chiaramente a pagamento o in seguito a sponsorizzazione, tesse le lodi di un centro radiologico privato nel quale e’ presente un’apparecchiatura per tomosintesi. Bellissimo che la tomosintesi si diffonda sempre di piu’, ma la comunicazione, soprattutto quella sanitaria, credo dovrebbe avere delle regole etiche e professionali molto stringenti (esistono codici etici dei giornalisti che sono molto chiari a proposito). L’articolo si puo’ leggere al link the segue questo post e mi permetto alcune considerazioni a riguardo.
E’ legittimo il tipo di propaganda che intravedo nell’articolo? Utilizzo questa parola non a caso. Il vocabolario Treccani così definisce la propaganda: “Azione che tende a influire sull’opinione pubblica e i mezzi con cui viene svolta. È un tentativo deliberato e sistematico di plasmare percezioni, manipolare cognizioni e dirigere il comportamento al fine di ottenere una risposta che favorisca gli intenti di chi lo mette in atto. La p. utilizza tecniche comunicative che richiedono competenze professionali, nonché l’accesso a mezzi di comunicazione di vario tipo, in particolare ai mass media, e implicano un certo grado di occultamento, manipolazione, selettività rispetto alla verità. I messaggi possono arrivare a implicare diversi gradi di coercizione o di minaccia, possono far leva sulla paura o appellarsi ad aspirazioni positive.”
Nel video pubblicato assieme all’articolo, che viene definito “intervista” e documentario”, si fanno diversi riferimenti subliminali su come sottoporsi ad esami radiografici in altri centri sia rischioso e pericoloso: “Qui possiamo vedere tumori anche di 5mm di grandezza e il paziente è salvo”. Ridicoli i passaggi nei quali si lanciano numeri a caso sui “numeri di tumori in più che siamo in grado di vedere: il 30%, anche il 40% in più” (ho un 10% in più, signora, che faccio? lascio?) e si definisice “dolce” il tipo di compressione che il plexiglass esercita in questo centro (altri plexiglass, evidentemente, sono malvagi e amano infierire).
Sono ovviamente contento quando i media si interessano alle nuove tecnologie, ma è lecito ed etico farlo solo per ragioni commerciali e di propaganda? La salute è sempre stato bene pubblico in Italia e come tale credo che andrebbe affrontato. Mi sembra che ad essere minacciato sia prima di tutto il principio di giustificazione.
Francesco, posso solo associarmi alla tua preoccupazione pensando alle ricadute che può avere un articolo di questo genere che, tra le altre cose, non è nemmeno fra i più aggressivi (tanti di noi ricorderanno il mitico “raggio verde che guarisce il tumore”, titolo dell’articolo che sponsorizzava un nuovo acceleratore per radioterapia in una nota struttura privata lombarda, che vantava l’escliìusiva per capacità di eliminare i tumori). Diventa pericoloso e fuorviante quando il messaggio trasmesso, e soprattutto quello percepito, è del tipo se vuoi stare tranquilla vieni da me, perché solo qui ti possiamo garantire determinate performance. Mi piacerebbe che l’articolo fosse commentato dai nostri colleghi che si occupano di radiologia, in particolare di diagnostica senologica; un articoletto divulgativo che possa parlare della nuova tecnologia, con pregi e limiti, riferimenti riguardo alla dose assorbita, potrebbe fare chiarezza sui vari aspetti e rispondere ai quesiti che nascono nella mente di chi sente parlare di tecnologie sanitarie, innovative e non. Solo facendo sentire la voce di chi è in grado di esprimere un parere serio ed equilibrato è possibile contrastare il batage pubblicitario che disinforma e drena clienti a favore di strutture che hanno a cuore il business ancor prima che la salute pubblica.