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Report AIFM

N.8    (2012)

Approccio prospettico alla sicurezza

del paziente nella moderna RT

A cura di:

Gruppo di Lavoro

Approccio Prospettico per rischio incidenti in nuove tecnologie RT



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Report AIFM

N. 8    (2012)

Approccio prospettico alla sicurezza

del paziente nella moderna RT

Coordinatore del Gruppo di lavoro

Marie Claire Cantone, Università di Milano

Documento predisposto da:

Luisa Begnozzi, Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Roma

Marie Claire Cantone, Università degli Studi di Milano, Milano

Mario Ciocca, Centro Nazionale di Adroterapia, Pavia

Barbara Longobardi, IRCCS, Ospedale S. Raffaele, Milano

Silvia Molinelli, Centro Nazionale di Adroterapia, Pavia

Chiara Pellegrini, Istituto Clinico Humanitas

Giovanna Sartor, CRO, Aviano

Antonella Soriani, IFO Ist. Regina Elena, Lab. Fisica Medica, Roma

Luigi Spiazzi, AO Spedali Civili, Brescia

Valeria Tremolada, A.O. S. Gerardo, Monza

Ivan Veronese, Università degli Studi di Milano, Milano

Viviana Vitolo, Centro Nazionale di Adroterapia, Pavia

A cura del Gruppo di Lavoro

Approccio Prospettico per rischio incidenti in nuove tecnologie RT


INDICE

Indice                                                                ……………………………….           i

Invito alla lettura                                                 …………………………….…         iii

1.  Problematiche fisiche nella moderna radioterapia        ……………………………….           1

     1.1         Introduzione                                                ……………………………….           1

     1.2        Problematiche che ricadono sotto la totale responsabilità del Fisico medico                     2

        1.2.1         Dosimetria in condizioni di riferimento                ……………………….           2

        1.2.2         Commissioning di un acceleratore, campi standard         ………………………           3

        1.2.3        Commissioning di tecniche speciali                ……………………………….           4

        1.2.4        Altre considerazioni dosimetriche                ……………………………...        ..           5

        1.2.5.        Pianificazione                                  ……………………………….           6

     1.3         Problematiche condivise con le altre figure professionali ……………………...           7

        1.3.1        Gestione dell’imaging                        ……………………………….           7

        1.3.2        Gestione dei dati e delle immagini                ……………………………….           8

        1.3.3        QA in Radioterapia                                ………………………………..         10

     1.4         Conclusioni                                                ……………………………...        ..         10

2.  Principali incidenti occorsi con le nuove tecniche RT …………….………………...         15

     2.1         Introduzione                                                 ……………………………….         15

     2.2        Problemi tecnico-meccanici/ utilizzo scorretto delle attrezzature  …………….         15

        2.2.1        Problemi al software dell’acceleratore         ……………………………….         15

        2.2.2        Errata riparazione di un acceleratore         ……………………………….         15

        2.2.3        Guasto all’interlock dell’acceleratore         ……………………………….         16

        2.2.4        Malfunzionamento in un’unità di HDR         ……………………………….         16

        2.2.5        Dispositivi di misurazione inadeguati         ……………………………….         17

        2.2.6        Errore d’utilizzo del TPS                         ……………………………….         17

     2.3        Data transfer/R&V                                        ……………………………….         19

        2.3.1         Scambio di dati: campi trasposti                  ……………………………….         20

        2.3.2         Invio dell’immagine di riferimento sbagliata…………………………….…         20

        2.3.3         Mancato aggiornamento dati: UM modificate……………………………...         21

        2.3.4         Omissione di informazioni fondamentali nel trasferimento dati          ………..         21

        2.3.5        Errore di trascrizione: impostazione di un valore scorretto        ……………….         21

        2.3.6        Errore nel trasferimento elettronico dei dati        ……………………………….         21

     2.4        Identificazione paziente                                ……………………………….         22

        2.4.1         Ingresso del paziente errato in sala di trattamento        ……………………….         22

        2.4.2        Associazione  dei parametri di trattamento al  paziente sbagliato …………         23

        2.4.3         Scambio di pazienti con lo stesso nome e cognome         ………………………..         23

3.  Gestione e utilità del reporting e delle analisi retrospettive          ………….…………....         27

     3.1         Introduzione                                                ……………………………….         27

     3.2        Limiti delle analisi retrospettive                ……………………………...…….…         28

     3.3        Metodiche di analisi reattiva                …………………………………...….         29

     3.4        Sistemi di reporting                                        ……………………………….         30

     3.5        Root causes analysis: analisi delle cause profonde                ……………….         31

     3.6        Audit clinico                                                …………………………….…         37

     Appendice 1                                                ……………………………….         38

     Appendice 2                                                …………………………...…..         39

4.  Lo stato dell’arte in Italia                                ……………………………….         43

5.  L’approccio prospettico: una strategia per ridurre il rischio di incidenti        ……….         49

     5.2        Un processo decisionale in presenza di incertezze        …………………….…         49

     5.2        L’utilità di un  approccio prospettico in RT         ……………………………….         50

     5.3        Anticipare, quantificare e decidere sulla base delle informazioni sul rischio             51

6. Metodologie di analisi prospettica del rischio                ……………………………….         53

    6.1        Failure Mode and Effects Analysis (FMEA)                ……………………….         53

    6.2        Healthcare Failure Mode and Effects Analysis (HFMEA)        …………….....         55

    6.3        Probabilistic Safety Assessment (PSA)                …………………………….....         57

    6.4         Risk Matrix (RM)                                        …………………………….....         60

7. Applicazione delle metodologie prospettiche in radioterapia         ……………….         61

    7.1         I progetti del FORO                                        ………………………….……         61

        7.1.1         Analisi PSA                                        ………………………….……         61

        7.1.2         Analisi con matrice di rischio                ………………………….……         62

    7.2         Applicazione della tecnica PSA in radioterapia                …………………….…         63

    7.3         Applicazione di FMEA al processo radioterapico        …………….…………         63

        7.3.1         L’esperienza dell’Istituto Clinico Humanitas         ………….……………         64

    7.4         Applicazione di FMEA ad un sistema di tumor tracking        …….…………         66

    7.5         Applicazione di FMEA in radioterapia intraoperatoria        ……………….………         67

    7.6         Applicazione di FMEA in SBRT                        ……………………………….         69

Invito alla lettura

FMEA, FMECA, HFMEA, PSA, i soliti nuovi acronimi.

Sono invece nuovi importanti metodi e strumenti per affrontare con un approccio previsionale la stima del rischio di eventi avversi nelle procedure e, più in generale, nei processi relativi a diverse attività: industriali, aeronautiche e ora anche mediche. Pertanto utili e fondamentali mezzi per il risk management  in ambito clinico.

Il risk management è uno degli argomenti di base della formazione e preparazione del fisico medico.

Ma il risk management è anche da sempre insito nell’attività del fisico medico, data la natura delle sue azioni, mirate alla prevenzione del rischio e a garantire la qualità delle prestazioni e la sicurezza dei pazienti, degli operatori e della popolazione in generale, nelle attività sanitarie di prevenzione, diagnosi e cura.

Ecco pertanto il naturale interesse dell’Associazione Italiana di Fisica Medica nel costituire durante il 2010, attraverso l’opera di alcuni soci, un gruppo di lavoro dedicato al tema dell’approccio prospettico all’assicurazione della qualità e della sicurezza per il paziente in radioterapia. Interesse particolarmente stimolato dall’aggiunta complessità delle nuove tecniche e tecnologie a supporto della moderna radioterapia e dalla pubblicazione dell’ICRP 112.

Ma il risk management è anche un fatto culturale. Tra gli esiti del lavoro del gruppo è infatti emerso chiaramente quanto sia necessario divulgarne la conoscenza. E in tale direzione va l’organizzazione di convegni e corsi e, inoltre, questa pubblicazione destinata ai lettori curiosi più svariati e non solo ai fisici medici.

Ringraziando i colleghi che hanno contribuito alla realizzazione del testo auguro buona lettura !

Luisa Begnozzi  


1. Problematiche fisiche nella moderna radioterapia

  1. Introduzione

We, who entered the field of Radiotherapy in the fifties, had a great chance to live three successive revolutions”… “I wonder whether I have a chance to live a fourth revolution” Adrée Dutreix – 1984.(1)

Senza tema di smentita, si può affermare che la radioterapia, dagli anni ottanta, ha vissuto altre rivoluzioni, che riguardano tutte le fasi del processo radioterapico, che  è diventato un processo ad altissima complessità. Si progettano e si erogano trattamenti altamente conformati utilizzando apparecchiature di alta tecnologia, che richiedono conoscenze aggiornate e specifiche con particolare riguardo alle problematiche fisico dosimetriche. Si processano terabite di informazioni, le quali devono essere intrinsecamente corrette, indirizzate correttamente, comprese correttamente, utilizzate correttamente e correttamente memorizzate.

Qualsiasi attività umana  è soggetta al rischio che nel normale svolgimento del lavoro accadano eventi avversi, ed a maggior ragione un’attività  ad elevata complessità.

Con rischio, in generale, si intende la possibilità che un’attività, compresa la scelta di non agire, provochi un evento non desiderabile o una perdita.

Con rischio clinico, quindi, si intende la possibilità che uno o più  pazienti subiscano un evento avverso, ovvero un danno imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate, che causa degenza, prolungamento del periodo di degenza, peggioramento delle condizioni di salute o morte (Kohn, 1999).

Con evento avverso, in generale, si intende un evento che può provocare danno transitorio o permanente ad uno o più  individui, e in medicina un evento avverso è ancora più odioso, se possibile, che in altri campi, in quanto interviene su persone già in difficoltà perché ammalate.

Possiamo pensare che non esistono problematiche fisiche che possono produrre eventi avversi nella moderna radioterapia?

La prima risposta alla domanda potrebbe essere che esistono problematiche fisiche che possono produrre eventi avversi nella moderna radioterapia, ma la comunità dei fisici medici, nel proprio curriculum formativo, conta una frequentazione abituale con il metodo scientifico, il quale non può prescindere da concetti quali accuratezza, precisione, incertezza. Il fine ultimo è la conoscenza, conoscere, o almeno dare una stima del limite della conoscenza stessa, è buona pratica quotidiana, è ovvio, naturale e doveroso: permette di eliminare l’errore eliminabile, che determina un errore di conoscenza, e di limitare al minimo ragionevolmente possibile l’errore non eliminabile, che determina una imprecisione nella conoscenza.  Il fisico medico, quindi, parrebbe possedere due potenti strumenti di difesa contro gli eventi avversi: la consapevolezza  che si possano compiere errori, anche in un campo così umanamente delicato come è quello della medicina, perché è stato a lui insegnato che gli errori  possono accadere, e la consapevolezza che esiste il metodo per analizzare i propri processi, individuare gli errori eliminabili e valutare quelli non eliminabili.

Ma la statistica degli eventi avversi dichiarati avvenuti in radioterapia  dal 1976 al 2007 così non racconta: nel documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2) sul profilo di rischio della radioterapia, è riportato che la maggior parte degli eventi avversi è accaduta nelle fasi di  commissioning, circa il 24%, di planning, circa il 54%, ed infine di trasferimento delle informazioni

dalla fase di planning a quella di trattamento, circa il 10%.  In tutte queste fasi il fisico medico ha responsabilità totale diretta o indiretta come supervisione e condivisa come azione singola.

La statistica documentata sugli eventi avversi occorsi in radioterapia indica quindi che il rischio associato ai processi gestiti dal fisico medico è elevato. É pur vero che in alcune situazioni tali eventi  sono accaduti in carenza o assenza di fisici medici.

In generale, il trattamento con radioterapia presenta due rischi clinicamente rilevanti per il paziente:

ma anche rischi connessi all’utilizzo di apparecchiature complesse e pesanti, che durante la terapia (esse stesse o alcune loro parti) sono in movimento.

Per quanto riguarda i rischi clinicamente rilevanti, non esiste un consenso generale sulla quantificazione del sovra o sottodosaggio che deve portare alla dichiarazione di incidente, ovvero di evento avverso, ma di seguito è riportata una indicazione dell’IAEA (3) sul concetto di  dose  che differisce in modo sostanziale dalla prescrizione:  “… there is no single and sharp limit for the deviation on which the decision that a deviation is 'substantial' enough to constitute an accidental exposure from the point of view of the outcome can be based; nevertheless, for practical reasons, the generic level of 20% has been chosen by some national authorities to make an investigation mandatory (10% if the prescribed number of fractions is equal to or less than three).”

Vengono riportati di seguito due criteri individuati e pubblicati nel documento “Quality Assurance Guidance for Canadian Radiation Treatment Programs”, del 3 aprile 2011 (4):

Hardware or software errors that have a high probability of causing an unacceptable outcome for the patient or that pose an unacceptable risk to personnel or members of the public; or

Errors in total dose >25% of prescribed or targeting errors that have a high probability of producing an unacceptable patient outcome in relation to either tumor control or normal tissue complications.

1. 2.  Problematiche che ricadono sotto la totale responsabilità del Fisico medico  

Con un’analisi proattiva del rischio ci si propone l’obiettivo di individuare ed eliminare i punti critici di un processo, prima che l’incidente si verifichi, e  l’indice di rischio clinico è “misurato” utilizzando tre fattori che  classificano  un evento: la gravità del possibile evento avverso, la probabilità che accada e la rilevabilità dell’evento stesso. Ogni fattore è valutato attraverso l’utilizzo di una scala, creata genericamente per ogni ambito in cui l’analisi può essere applicata. Nel documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2) sul profilo di rischio della radioterapia, nel capitolo dedicato ai rischi inerenti alla Radioterapia,  si tenta una classificazione degli eventi avversi in eventi  ad alto, medio e basso  impatto, che se non meglio specificata non è facilmente collegabile alla gravità:  è verosimile pensare che un evento avverso ad alto impatto possa essere anche ad elevata gravità, ma potrebbe essere anche evento avverso a media/bassa gravità ma intervenuto su una popolazione di pazienti molto numerosa. In ogni caso, il documento può essere di molto aiuto in un’analisi proattiva del rischio.

Appaiata alla fase di planning il documento individua la fase di “Equipment and software commissioning”, che è propedeutica ad ogni attività di planning,  ma il cui profilo di rischio è comunque inserito nella tabella riservata al planning. Ogni attività della fase di  “Equipment and software commissioning”, che ricade sotto la stretta responsabilità del fisico medico, risulta ad alto impatto. Qualsiasi sia l’evento, un evento avverso in questo processo può essere ad elevata gravità e coinvolgere molti pazienti.

È quindi importante analizzare le problematiche che si incontrano in questa fase e di costruire adeguati strumenti allo scopo di prevenire eventi avversi.

1.2.1 Dosimetria in condizioni di riferimento

Per quanto riguarda la calibrazione delle camere monitor dell’acceleratore, esistono diversi protocolli di dosimetria in condizioni di riferimento, che  sono facilmente reperibili e generalmente sono molto comprensibili. Essi riportano la stima dell’incertezza nella determinazione della dose assorbita in condizioni di riferimento; possono anche riportare un foglio di lavoro che aiuta l’operatore passo passo. La dosimetria in condizioni di riferimento, quindi, sembra essere un capitolo accuratamente definito e ben standardizzato. Alla domanda: qualcosa può andare storto in questo processo, la risposta è si; è un processo che non viene eseguito routinariamente, quindi è naturale rileggere i manuali prima di affrontarlo, ed è noto che errori sulla determinazione del fattore di calibrazione delle camere monitor di un acceleratore o dell’attività di una sorgente può provocare danni gravi ad un gran numero di pazienti. Si potrebbe incappare nell’errore di utilizzare fattori di correzione sbagliati, gli strumenti di misura potrebbero non essere calibrati (nel foglio di lavoro dell’IAEA 398 (5), ad esempio, non è previsto l’inserimento della data di calibrazione dell’elettrometro e/o camera a ionizzazione, del termometro e del barometro), oppure potrebbero non essere correttamente mantenuti, oppure potrebbero essere non adeguati alla misure da effettuare. Sottoponendosi ad un audit dosimetrico il fisico medico aumenta la rilevabilità di un probabile evento avverso, e quindi abbassa l’indice di rischio associato a questa attività.

1.2.2  Commissioning di un acceleratore, campi standard.

Nel 2008 è uscito un documento a cura del TG 106 dell’AAPM dal titolo “Accelerator beam data commissioning equipment and procedures: Report of the TG-106 of the Therapy Physics Committee of the AAPM” (6).

Lo scopo dichiarato è di facilitare la raccolta dei dati descrivendo le tecniche e l’assetto delle misure, i fantocci ed i rivelatori da utilizzare, discutendo delle possibili fonti di errore e raccomandando le specifiche procedure di misura. Appare subito chiaro un dato: per un fascio di 6MV, e per il campo di riferimento (10x10 cm2), la PDD a 5 cm di profondità varia di circa 1% in funzione del rivelatore utilizzato, per aumentare a circa 2,5% a 10 cm di profondità fino a circa 4% a 20 cm. Se per tecniche di trattamento a molti campi, sul PTV, e cioè vicino al punto ICRU, il dato non desta particolare allarme, può essere invece importante laddove i campi intercettano organi a rischio, quali ad esempio il polmone: l’oncologo radioterapista valuta la bontà di un piano di cura attraverso V20 o V10, ed anche meno, nel caso di ritrattamenti, e prende per buono il valore dell’istogramma organo dose calcolato dal TPS. Trascurando per ora la bontà dell’algoritmo di calcolo utilizzato per la distribuzione della dose e per l’istogramma organo dose, se la distribuzione di dose calcolata sul polmone è affetta da un errore sistematico pari o superiore al 2,5%, il processo di ottimizzazione potrebbe portare sottostima o sovrastima di V20 o V10. Nel primo caso si potrebbe verificare un effetto collaterale maggiore nei pazienti, nel secondo caso si impiegherebbero risorse superiori per raggiungere un risultato già raggiunto, ma non correttamente evidenziato.

E il risultato del commissioning può essere affetto da molti errori, generati da molti fattori: un fantoccio con movimenti non perfettamente allineati agli assi del fascio, il punto di riferimento scelto in modo inappropriato, il rivelatore non adatto alle condizioni di misura, ecc.

Il risultato delle misure del commissioning  è un insieme di dati che devono essere raccolti ed organizzati come richiesto dal sistema per la pianificazione del trattamento, il TPS.  Non esistono standard per la metodologia di acquisizione dei dati di input, non esistono formati standard di trasferimento dei dati dai sistemi di dosimetria ai TPS, ogni TPS è un sistema chiuso. Il TPS è un prodotto commerciale, ogni azienda produttrice definisce le proprie condizioni di misura dei dati di input in funzione di vere o presunte esigenze dell’algoritmo, definisce il proprio formato di trasferimento dei dati da fantocci e dosimetri al TPS, che le aziende produttrici di fantocci forniscono spesso a pagamento. Come è successo con DICOM o DICOM RT, avere un formato unico (o quasi) di trasferimento dati di dosimetria sarebbe un grande passo avanti.

La legge italiana obbliga le aziende a fornire i manuali in italiano, ma ciò non mette al riparo da fraintendimenti, cattive interpretazioni ed errori di varia natura, anche derivanti da cattiva traduzione, che possono indurre un pur serio e preparato professionista ad eseguire  misure in condizioni diverse da quelle richieste dal TPS. Aiuterebbe avere a disposizione, senza ulteriori esborsi, dati golden, silver o platinum, di apparecchiature uguali a quelle in fase di commissioning, che dovrebbero avere comunque come unico scopo il confronto tra le proprie misure e quelle effettuate in centri che hanno a disposizione risorse umane quasi infinite. Le vecchie tabelle dei supplementi del British Journal of Radiology, per intenderci, personalizzate per TPS ed Acceleratore.

Per abbassare l’indice di rischio, è ben noto, è necessario effettuare una verifica dei dati di output: è una fase molto onerosa in termini di risorse impegnate, ma permette di valutare le prestazioni del sistema, con i propri dati di base, su simulazione di casi a diversa complessità. Solo negli ultimi anni è stata data ad essa la giusta rilevanza, anche se, è inutile nasconderlo, è spesso ancora vista, e non dai fisici medici, come inutile perdita di tempo: è ben vero che gli acceleratori sono stati acquistati per trattare i pazienti, ma è importante valutare l’impatto del tempo dedicato a questa fase sulla produttività di un impianto: ogni mese dedicato alla dosimetria, di commissioning o di controllo, equivale a circa l’1% dell’attività di un acceleratore, se valutata in 8 anni di servizio, e l’attività persa verrebbe recuperata facilmente, sempre in 8 anni di servizio, eseguendo poco più di 0,3 trattamenti/die, se l’attività di un acceleratore viene valutata in 30 trattamenti/die.

Alla luce dell’impatto negativo che un incidente provoca, per le vite umane perse o danneggiate più o meno gravemente, e per la perdita di immagine che si traduce in perdita economica, forse il tempo dedicato al commissioning dovrebbe essere di molto rivalutato ed agevolato.

Anche in questo caso l’audit dosimetrico, che permetterebbe di controllare tutta la procedura di planning, compresa la calibrazione dello scanner TC e, in condizioni cliniche, aumenta la rilevabilità di un probabile evento avverso, e quindi abbassa l’indice di rischio associato a questa attività, è importante anche se potrebbe essere oneroso sia per le risorse economiche sia per le  risorse umane richieste.

1.2.3  Commissioning di tecniche speciali

Un’altra problematica importante, strettamente collegata alla moderna radioterapia, è il commissioning di tecniche speciali, in cui le condizioni geometriche e dosimetriche sono lontane dalle condizioni standard. Tipico caso, in passato, è stato il caso delle tecniche stereotassiche, che si effettuano con campi piccoli (7); la definizione di campo piccolo è chiara: ci si trova in condizioni di campo piccolo quando l’equilibrio elettronico laterale viene a mancare (le energie, il numero e la direzione delle particelle cariche in un certo volume non è costante nel volume), e quando il volume finito del rivelatore provoca un effetto di smoothing della penombra. Se la definizione è chiara, la traduzione operativa lo è meno: alcuni testi limitano le condizioni di riferimento ad un campo 4x4, altri a 3x3 cm2. Tutto dipende anche dall’energia  e dal rivelatore. E non è una questione di poca importanza: lo dimostrano gli eventi di Tolosa (F), dove tra il 2006 e il 2007 sono stati trattati 172 pazienti con trattamenti calcolati sulla base di un commissioning effettuato con camera di ionizzazione inadeguata (8).

Nel caso in questione si è trattato di un difetto di conoscenza, ma a volte un operatore si trova nella situazione di essere incalzato da eventi difficilmente controllabili: strumento non adatto per alcune misure, ma adeguato per altre. Richieste pressanti di attivare tecniche speciali, ma difficoltà economiche se si richiede strumentazione adeguata. D’altro canto, non tutti i centri di radioterapia trattano MAV o altre lesioni non maligne, ma tutti i centri di radioterapia vedono metastasi, e non è infrequente che le dimensioni del PTV sono tali da richiedere campi tra 3x3 a 5x5 cm2. Quando, in sicurezza, si può effettuare dosimetria con le camere a ionizzazione normalmente presenti in reparto ed utilizzate per dosimetria di campi “standard”? È accettabile effettuare il commissioning per campi standard, limitando l’utilizzo della tecnica a volumi piccoli ma non piccolissimi, ed  indirizzare i casi più “specialistici” ad altri centri la cui dotazione strumentale è adeguata per garantire l’accuratezza delle misure necessarie?

Altri problemi, e non di poco conto, si incontrano per le tecniche di trattamento ad intensità modulata, siano esse IMRT o IMAT, eseguite con apparecchiature diverse.

Nel 2008 è stata presentata una proposta di nuovo formalismo per la dosimetria di riferimento di campi piccoli e non standard (9).

L’esigenza è nata dalla consapevolezza che lo sviluppo di nuove tecniche di irradiazione, legate non solo all’introduzione dei collimatori multi lamellari, ma anche alla progettazione di acceleratori molto diversi rispetto a quelli comunemente utilizzati fino alla fine del secolo scorso, Tomoterapia e Cyberknife, ad esempio, hanno portato ad un sostanziale aumento dell’incertezza  della dosimetria clinica e ad un sostanziale scostamento dalla dosimetria di base regolamentata dai protocolli di uso comune.

Interessante anche la quantificazione, per il fattore campo, della deviazione del valore misurato con camera a ionizzazione Farmer rispetto a quello misurato con diodi o diamanti naturali, sostanzialmente uguale a quello calcolato con Montecarlo,  indicato nell’articolo: “A new formalism for reference dosimetry of small and nonstandard fields”; per un campo 3x3 cm2 il misurato con camera a ionizzazione Farmer è circa lo 0,98% rispetto al misurato con diodi o diamanti naturali, e scende a 0,43% per un campo 1x1 cm2; per campi molto piccoli, quindi, se si utilizza per il commissioning una Farmer, la dose erogata  può essere superiore di circa il 50% della dose prescritta, e ciò è effettivamente accaduto. È nata quindi l’esigenza di rivedere il concetto di “reference field”, allo scopo di considerare campi piccoli e campi non standard.

1.2.4  Altre considerazioni dosimetriche

Per anni le camere a ionizzazione normalmente utilizzate per la dosimetria in radioterapia sono state lo strumento più accurato ed affidabile ma con la moderna radioterapia possono rivelarsi non adeguate.

La misura con camera a ionizzazione produce una  perturbazione della fluenza del campo, derivante dalla presenza del rivelatore nel mezzo attraversato dalla radiazione, richiede un volume di acqua ad essa circostante ad intensità di fascio ragionevolmente uniforme nello spazio e nel tempo, in cui sono effettive le condizioni di equilibrio elettronico: in tali condizioni, esistono procedure e fattori correttivi in funzione della qualità del fascio noti con adeguata accuratezza, che permettono di convertire la misura in carica raccolta in dose assorbita all’acqua. I campi piccoli possono presentare spettri e quindi qualità di fascio diverse dai campi tradizionali, non rispettano le condizioni di equilibrio elettronico laterale e hanno la dimensione della penombra confrontabile con le camere a ionizzazione solitamente utilizzate per dosimetria relativa; i campi piccoli che vengono prodotti da lamelle in movimento durante l’erogazione producono distribuzioni di dose non uniformi, ad alto gradiente e con dose variabile nel tempo.

La problematica fisica che le condizioni di campo così lontane dallo standard propongono è la problematica attualmente più complessa: il metodo di misura ionometrico è ancora applicabile con adeguata accuratezza e, se si, quali fattori di conversione utilizzare per questi campi non standard quando si esegue la conversione da ionizzazione a dose assorbita all’acqua basandosi sulla teoria della cavità?

Sebbene il problema sia noto non solo dal punto di vista teorico ma anche dal punto di vista sperimentale, tuttavia in questo campo la comunità dei fisici medici attualmente non può contare su un “Code of practice” che definisca una procedura chiara che porti a risultati paragonabili, per accuratezza, a quelli che si ottengono per la dosimetria in condizioni standard. Né, tantomeno, esistono possibilità di audit dosimetrici facilmente realizzabili a costo contenuto che permettano di certificare l’accuratezza dosimetrica in tali condizioni.

1.2.5.  Pianificazione

Anche se la dosimetria per campi non standard fosse un capitolo su cui si può imprimere il timbro “ADEGUATAMENTE ACCURATO”, e così non è, non tutti gli algoritmi sono in grado di calcolare con adeguata accuratezza la distribuzione di dose in zone ad alta disomogeneità tissutale e per di più per campi piccoli. Utilizzare algoritmi che tengono in considerazione le disomogeneità con EqTAR o Batho può tradursi in differenze tra calcolato ed effettivamente erogato anche del 30% (10,11), alla periferia del tumore per campi piccoli; ben oltre il limite per incidente, e i dati sono noti. Chiunque possa pianificare con algoritmi diversi, quali Pencil Beam Convolution, Collapsed Cone Convolution o con Analytical Anisotropic Algorithm, sulla stessa regione contenente tessuti ad alta disomogeneità, con la stessa balistica, trova risultati estremamente diversi. Quindi, anche per la pianificazione esistono problematiche fisiche che derivano dagli algoritmi di calcolo utilizzati nei Treatment Planning System. L’evoluzione degli algoritmi di calcolo è sempre stata indirizzata verso il miglioramento del risultato, ma non sempre si ha a disposizione l’algoritmo più aggiornato. Nella pratica clinica quotidiana, siamo in grado di discriminare tra situazioni in cui possiamo utilizzare quanto abbiamo a disposizione e situazioni in cui ciò che abbiamo a disposizione non è adeguato, ovvero produce sulle immagini TAC del paziente distribuzioni di dose che non evidenziano sottodosaggi che possono essere considerati incidente? Pur possedendo gli strumenti di misura adeguati, che permettono il commissioning più adeguato, quando, in tutta sicurezza, è lecito eseguire ad esempio pianificazione con campi piccoli, su zone ad alta disomogeneità tissutale, in piccole meta polmonari, magari con trattamenti ipofrazionati, e con IMRT o IMAT?

Eppure il problema non ricade solo sul singolo trattamento, ma anche sull’analisi che poi viene eseguita sull’outcome: se il mediatore tra volere clinico e realtà terapeutica non valuta con adeguata accuratezza la realtà terapeutica, quali dati si possono ricavare per giudicare la riuscita o il fallimento di un protocollo clinico?

Le risposte a questi quesiti, come sempre capita per problematiche che non riguardano solo la scienza, ma anche l’etica professionale, non sono né facili né univoche e, comunque,  è opportuno, anzi doveroso ricordare che il fisico medico fornisce dati dosimetrici all’oncologo radioterapista, e si assume la responsabilità di fornire le informazioni più oneste dal punto di vista radioprotezionistico, ma l’oncologo radioterapista deve dare risposte al paziente, e quindi valuta in maniera non sindacabile anche altre variabili.

La presenza di materiale ad alto Z all’interno di una regione da irradiare è un altro importante problema che sempre più si incontra in pianificazione, e non solo perché la qualità della vita migliora e fortunatamente si diventa più vecchi; esistono diverse situazioni in cui anche in giovane età si può aver bisogno di un aiuto protesico, permanente o temporaneo (gli espansori per ricostruzione mammaria ad esempio). Per prima cosa, nelle protesi il segnale dello scanner TC satura, e quindi non è possibile né disporre di un’adeguata curva di calibrazione né avere immagini TC del paziente con numeri Hounsfield interpretabili nelle zone interessate dalla protesi. Poi esistono gli artefatti, dovuti all’elevato assorbimento della radiazione a bassa energia utilizzata per l’imaging nei dintorni della protesi. In queste situazioni l’errore di calcolo può essere non trascurabile (12): per un fascio che attraversa una protesi di femore simulata in fantoccio, la diversità tra calcolato con Montecarlo e calcolato con algoritmi tradizionali può essere fino a +15% all’interfaccia tessuto protesi e fino a –33% all’isocentro. Per ovviare al problema il TPS a disposizione deve permettere la gestione di aree con artefatti e comunque rimane l’incertezza sulla densità da assegnare e quale volume delineare, come definirlo e dove definirlo. Fino a quando non saranno commercialmente disponibili algoritmi di ricostruzione delle immagini che permettano una valutazione accurata dell’attenuazione attraverso materiali ad alto Z e che eliminino gli artefatti nei tessuti a basso Z, le immagini utilizzate per il planning derivanti da scanner TC avranno questo bias, e fino a quando gli algoritmi commercialmente a disposizione per il calcolo della distribuzione della dose non utilizzeranno un metodo accurato per tener conto del trasporto delle particelle e la deposizione dell’energia, si dovranno utilizzare le raccomandazioni contenute nel Report del Task Group 63 AAPM (13); i centri che dispongono di un’apparecchiatura di Tomoterapia possono utilizzare le immagini MV per il calcolo, con adeguata curva di calibrazione, ma in tal caso le immagini hanno elevato rumore, quindi  per la definizione dei volumi è consigliabile utilizzare sia il set di immagini acquisite con MVCT sia quello acquisito con kVCT, e registrati.

Ancora più importante è il problema della pianificazione in pazienti portatori di pacemaker permanente (PPM) o defibrillatore cardiaco impiantabile (DCI) (14, 15, 16, 17); per entrambi i dispositivi le radiazioni ionizzanti ed anche le altre sorgenti di radiazioni non ionizzanti presenti possono essere dannose per i circuiti, quindi molta cura deve essere dedicata sia al contouring, che deve evidenziare ogni parte del dispositivo, sia nella pianificazione, in cui vincoli di dose molto stringenti devono essere rispettati: in linea di principio, dose inferiore a 2 Gy su tutto il dispositivo, e mai superiore a 10 Gy. Però non sempre è possibile rispettare i vincoli di dose, ed esistono in letteratura casi segnalati in cui  il dispositivo pur essendo lontano dalla regione irradiata (pelvi), è stato comunque danneggiato, a causa della presenza delle altre sorgenti di radiazione. Se il dispositivo è contiguo al PTV e la dose limite non può essere rispettata, può essere proposto uno spostamento temporaneo del dispositivo, ad esempio. La stretta e proficua collaborazione con l’oncologo radioterapista porta ad una soluzione sicura per ogni paziente, ma è molto raccomandabile una procedura scritta, che permetta di garantire il miglior percorso a tutti i pazienti portatori di PP o DCI: qualora fosse un salvavita, il suo funzionamento sarebbe indispensabile per la sopravvivenza del paziente, e quindi non sono ammessi errori di valutazione o di procedura.

1.3 Problematiche condivise con le altre figure professionali  

La radioterapia, da sempre, ha richiesto la competenza di diverse figure professionali; ed esistono ambiti in cui il fisico medico è chiamato a dare il suo contributo per la risoluzione di alcune problematiche non strettamente fisiche, ma che possono incidere sulla radioprotezione del paziente.

1.3.1 Gestione dell’imaging

Se fino agli anni 90 del secolo scorso l’imaging in radioterapia comprendeva radiografie ortogonali, immagini acquisite con scanner TC, immagini portali e poco più, lo sviluppo di tecniche di trattamento altamente conformate ha fatto nascere l’esigenza di disporre di altre modalità di imaging per diversi scopi.

Il primo grande passo avanti è stato quello di disporre di diverse tecniche di imaging per la definizione del CTV. La definizione del CTV è atto squisitamente medico, ma quando si utilizzano immagini multimodali è indispensabile che i diversi set di immagini siano almeno registrati, se non fusi. La registrazione di set di immagini diverse, PET CT, RM, US, utilizza algoritmi di registrazione. L’allineamento spaziale che deriva dall’atto di registrazione è affetto da inaccuratezza. È importante conoscere l’inaccuratezza di registrazione su immagini di fantocci per diverse modalità di imaging? E, se è importante conoscerla, possediamo le risorse strumentali ed umane necessarie per eseguire queste valutazioni, oppure possiamo ricorrere ai dati di letteratura?  In buona sostanza, siamo in grado di definire con rigore, ma anche buon senso, le tolleranze accettabili per la registrazione delle immagini nel nostro centro, con i nostri sistemi di posizionamento ed immobilizzazione, con le nostre apparecchiature e  le nostre procedure di acquisizione di immagini, senza creare difficoltà inutili ed inaccettabili nell’attività di contouring? Sicuramente conoscere l’inaccuratezza di registrazione locale permette di utilizzare un parametro oggettivo per la valutazione della bontà della registrazione, e quindi, se possibile, è la strada da seguire, ma il risultato dell’attività di contouring è la delineazione del CTV, e quindi l’attività stessa è intrinsecamente corredata da analisi e valutazione delle immagini da parte dell’oncologo radioterapista. Laddove non sia possibile effettuare valutazioni in loco, dati di letteratura, consapevolezza del fatto che l’utilizzo di algoritmi non garantisce un risultato esatto, e  controllo, forse empirico, ma non scorretto, sulla bontà della registrazione, caso per caso, con i mezzi di analisi messi a disposizione dal TPS, sono gli strumenti che, se codificati, permettono di abbassare l’indice di rischio di questa attività.

L’imaging che di più ha invaso la scena della moderna radioterapia è quello del controllo giornalierp di terapia, ed è quello a cui di solito ci si riferisce quando si parla di Image Guided Radiation Therapy (IGRT).

Anche in questo caso l’esigenza è nata dopo lo sviluppo delle tecniche IMRT, e non solo per verificare la corretta centratura del bersaglio, ma anche per verificare la corretta relazione tra isocentro e posizione degli organi critici, essendo le tecniche IMRT utilizzate per la loro peculiarità di  permettere erogazione di elevata dose ai bersagli che si sviluppano attorno o in stretta prossimità dell’organo critico. In una situazione in cui, generalmente, sia bersaglio che organi critici si muovono e si deformano, durante una frazione di terapia o tra due frazioni diverse, con quale sicurezza si poteva essere in grado di erogare la dose pianificata, se la peculiarità dell’IMRT aveva obbligato ad una revisione dei margini interno e di set up, riducendoli da 1-2 cm a qualche millimetro (18)? L’unica risposta possibile, visto che solitamente il bersaglio e gli OR sono interni ad un contenitore non trasparente, è stata proprio l’IGRT.

Assieme a tecniche 4D di acquisizione di immagini con scanner TC, che sono in grado di acquisire in un’unica scansione set di immagini relative a fasi diverse del respiro, l’imaging durante il trattamento è stato la chiave di volta che ha permesso la massima riduzione dei margini di movimento e di set up, perché ad esempio ha permesso la gestione del respiro durante il trattamento con tecniche di breath holding, beam gating o target tracking; non trascurabile è il fatto che con queste tecniche IGRT si possono eseguire trattamenti non solo altamente conformati al bersaglio ed altamente rispettosi degli organi critici, ma anche e proprio per questo altamente ipofrazionati; anche se l’efficacia biologica è ancora in fase di studio, questi schemi sembrano essere clinicamente promettenti e vantaggiosi per la gestione delle liste d’attesa.

Tutto ciò ha un costo? Ovviamente si.

Esiste il costo attribuibile alla struttura, in termini di controlli di qualità, con utilizzo di risorse umane e strumentali molto più massicce che per le tecniche tradizionali, in termini di tempo di trattamento per singolo paziente, problema sicuramente non trascurabile, ma probabilmente attenuato dall’ipofrazionamento, ma anche in termini di extra dose assorbita dal paziente; extra dose dovuta all’imaging pre trattamento ed extradose dovuta all’imaging durante il trattamento (18). Se per i pazienti adulti affetti da patologia oncologica  l’extra dose da imaging può essere giustificata, l’analisi tra costo e beneficio diventa più difficile  per pazienti pediatrici affetti da patologia oncologica,  ed ancora di più per pazienti affetti da patologia non oncologica.

In ogni caso, la conoscenza della dose extra impartita per l’imaging eseguito nella fase pretrattamento e nella fase di trattamento, necessario per garantire la sicurezza di trattamenti ad alta complessità, è il primo passo che permette la definizione del giusto compromesso tra l’extra dose impartita e l’acquisizione dell’imaging di qualità adeguata.

1.3.2  Gestione dei dati e delle immagini

La moderna radioterapia non può prescindere dall’utilizzo sistematico di sistemi a controllo computerizzato, che possono essere interconnessi, ma, purtroppo, non sempre lo sono, ed anche l’acquisizione e la gestione di una quantità di informazioni per paziente estremamente elevata.

L’accettazione di sistemi computerizzati è comunque una problematica che il fisico medico deve fronteggiare. Svariati sono i problemi, perché l’architettura che sta alla base di questi sistemi è dipendente spesso dalle apparecchiature e dalle modalità di lavoro del centro (19).

Le informazioni derivano da svariate sorgenti: la cartella clinica, che può essere computerizzata ma spesso si trova solo su base cartacea, diverse apparecchiature di imaging, quali scanner TC, PET TC, risonanza, ecc, che non sono integrate nelle reti di amministrazione del paziente e dei dati di terapia, le informazioni anagrafiche che generalmente vengono tuttora inserite a mano. L’interfaccia tra le diverse apparecchiature a controllo computerizzato e tra apparecchiature ed operatori è sicuramente un problema molto sentito, anche se non strettamente fisico. Esistono TPS in cui l’associazione tra informazione anagrafica ed imaging può essere eseguita senza che sussista congruenza tra le stringhe di Nome, Cognome e numero identificativo.

Sebbene questa metodologia di importazione delle immagini possa presentare almeno un vantaggio, e cioè quello di poter associare a pazienti prova immagini su cui si vuole studiare alcune tecniche senza contaminare i files dei pazienti, sicuramente però può accadere che si associno ai pazienti set di immagini sbagliate, soprattutto se gli esami di imaging vengono inviati ad un PACS, ma anche se vengono inviati direttamente a strorages del TPS. Nell’ottica del risk management è una problematica molto seria, e quindi il fisico medico è chiamato ad attivare procedure di  importazione e di controllo che garantiscano  la corretta assegnazione delle immagini.

Fondamentale, per la terapia, è la corretta esportazione del sistema di coordinate del paziente dalle apparecchiature di imaging ai TPS, e quindi adeguati controlli devono essere attivati prima che le apparecchiature vengano utilizzate nella pratica clinica quotidiana.

Problematica fisica di notevole interesse è la gestione della calibrazione in densità elettronica relativa all’acqua dei numeri Hounsfield, e non per quanto riguarda le disomogeneità ad alta densità, argomento già trattato, ma per la corretta assegnazione della curva di calibrazione alle immagini prodotte da diversi scanner TC: non tutti i TPS permettono di utilizzare curve di calibrazione specifiche per ogni scanner da cui provengono le immagini, e non tutti i TPS sono in grado di leggere nei files Dicom la stringa che identifica l’apparecchiatura: quindi, nel primo caso non si possono utilizzare immagini MV, provenienti ad esempio da un’apparecchiatura di Tomoterapia, le quali hanno una curva di calibrazione molto diversa rispetto alle immagini kV, nel secondo caso è estremamente importante eseguire controlli per valutare se la curva di calibrazione è correttamente assegnata, ed eventualmente istituire le procedure che ne garantiscono la corretta assegnazione.

Ancora più serio è il tema dell’esportazione dei dati verso le apparecchiature di terapia: il sistema di rete può non riconoscere alcuni accessori utilizzati per la terapia, oppure li riconosce in modo sbagliato (la direzione e l’orientamento dei filtri a cuneo, ad esempio), il collegamento può interrompersi durante un trasferimento di dati, inviando parzialmente o scorrettamente i dati. In taluni casi l’errore è intercettabile istituendo adeguati controlli prima dell’attivazione clinica della rete di collegamento, ma in altri, ed in particolar modo l’incompleto trasferimento di dati a seguito di crash di sistema, non sono facilmente intercettabili, perché questi eventi non sono sempre simulabili: il grave incidente di New York, in cui non sono stati trasferiti i dati di movimento delle lamelle del collimatore multi lamellare per una terapia con IMRT, lo dimostra.

Importante,  in questi casi, è l’atteggiamento dell’operatore nei confronti della tecnologia, verso cui, spesso, si è portati ad avere un atteggiamento acritico e quindi passivo; si è portati a pensare che la tecnologia non sbaglia. Soprattutto all’interfaccia tra sistemi, invece, la tecnologia può fallire.  Attualmente esiste la scuola di pensiero che, per trattamenti IMRT, il controllo su fantoccio del trattamento può, dopo aver acquisito adeguata esperienza, essere sostituito da un controllo, anche complesso,  del collimatore multi lamellare ad inizio giornata. Comprensibile che si cerchi di ridurre il carico di lavoro, soprattutto oggigiorno, in cui i fisici medici sono spesso cronicamente sotto dimensionati, ma nel caso menzionato, se si fosse eseguito un controllo su fantoccio dell’effettivo trattamento che poi sarebbe stato erogato al paziente, si sarebbe intercettato facilmente l’errore che ha portato al decesso del paziente.  

Ancora più critica è l’interfaccia utente operatore, nel caso in cui il sistema sia misto: computerizzato e manuale. Fortunatamente questi sistemi sono in via di estinzione, ma è importante essere consapevoli del fatto che ogni dato inserito manualmente può essere affetto da un errore che, se nella fase di introduzione del dato è casuale, diventa sistematico nelle fasi successive, e se non sono previsti adeguati controlli, può risultare errore fatale.

In generale, quindi, la fase di accettazione di sistemi di gestione dati ed immagini a controllo computerizzato, ivi compresi i TPS, non è semplice da definire, in quanto estremamente dipendente dall’architettura del sistema, che varia da centro a centro, per la metodologia di lavoro utilizzata nel centro stesso, ma anche per la comune credenza che il computer non sbaglia.  Importante è la collaborazione con le aziende che forniscono i sistemi, che però non sempre hanno a disposizione personale altamente qualificato in questo specifico settore, e forniscono strumenti non sempre sottoposti a test  che prevedono tutti gli eventi possibili che possono creare eventi avversi; nemmeno il fatto che esista una certificazione FDA mette al riparo da eventi avversi, e lo dimostra l’incidente di New York. Per questo specifico problema, quindi, tutti gli operatori devono essere sensibilizzati alla cultura del rischio, e devono essere impostate rigorose procedure di controllo che permettano di intercettare gli eventi che possono provocare eventi avversi; se ciò è accompagnato dall’aiuto di un esperto del problema,  il risultato può essere più sicuro.

1.3.3  QA in Radioterapia

Il grande capitolo della Quality Assurance è sicuramente fonte di impegno elevato per tutti gli operatori in Radioterapia, e quindi anche per il fisico medico. Nel capitolo rientrano i Controlli di Qualità sulle apparecchiature, che per gli acceleratori tradizionali sono standardizzati: la metodologia, le tolleranze e le frequenze sono stabilite dal fisico medico.  L’ultimo protocollo AAPM (20) ha un po’ rivoluzionato le frequenze dei controlli; infatti, dopo anni in cui i controlli sono stati effettuati con cadenza giornaliera, settimanale, mensile, trimestrale, semestrale ed annuale, si sono effettuate valutazioni (21) sull’effettiva necessità di programmi così intensivi, che assorbono molte risorse ed obbligano ad una gestione documentale onerosa, ed alla luce dei risultati si è individuata  una gestione più efficiente del controllo delle apparecchiature: è importante effettuare un controllo completo dell’apparecchiatura, quasi una nuova accettazione, con cadenza annuale, salvo riparazioni con sostituzione di parti importanti della macchina, e limitare a pochi e mirati test l’attività di controllo durante l’anno. Questo è dovuto al fatto che le apparecchiature attuali presentano una costanza sui parametri geometrici e dosimetrici che nel passato non esisteva, dovuta soprattutto alle norme ISO imposte ai fabbricanti dalla comunità internazionale, alla disponibilità di strumentazione multifunzionale per veloci controlli di qualità giornalieri, ed al fatto che le tecniche IMRT sono oramai diffuse su larga scala,  ed esse impongono  controlli (DQA, Delivery Quality Assurance) su ogni singolo piano prima che esso venga erogato; quando si eseguono diversi DQA per acceleratore per settimana, la probabilità che non venga rilevata un’anomalia dosimetrica e geometrica con questi controlli, di fatto, si abbassa.

La Quality Assurance, però, non si limita ai controlli delle apparecchiature, è un capitolo che riguarda ogni fase dell’attività radioterapica, che dovrebbe essere gestita con procedure ed  istruzioni operative scritte. La stesura di procedure per ogni attività è molto impegnativa sia per le risorse umane utilizzate sia per le competenze da mettere in campo. Infatti richiede l’attivazione di gruppi interdisciplinari, e quindi sono richieste anche competenze di gestione di gruppo, quali definizione di compiti, assegnazione degli stessi, programmazione e controllo del timing, ed anche gestione di dinamiche di gruppo.

1.4 Conclusioni

L’attuale visione della clinical governance raccomanda la gestione dell’attività clinica attraverso la gestione dei processi.

Per processo (22) si intende un insieme di attività finalizzate alla trasformazione di un input in un output, attraverso l’utilizzo di risorse strumentali ed umane che, aggiungendo valore all’input, creano un prodotto soddisfacente per il cliente.

Tralasciando la terminologia derivata da processi industriali, la caratteristica più importante in questa visione della gestione è che i processi sono generatori di valore, mentre le funzioni sono generatrici di regni: nei regni spesso gli spazi interfunzionali sono lasciati alla buona volontà dei singoli,  e le procedure, anche se esistenti, sono statiche e spesso disattese: questo scenario può essere un enorme serbatoio di errori ed omissioni, con conseguente dequalificazione delle  prestazioni ed aumento delle probabilità di incidente.

Dal documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul profilo di rischio della radioterapia (2), si evince che per quanto riguarda la sicurezza sulle apparecchiature si è fatto un buon lavoro, ma molto resta da fare nell’ambito della formazione e della stesura collegiale e condivisa delle procedure e delle istruzioni operative, che a seguito della rapida introduzione di tecniche ad elevata complessità sono inevitabilmente in continua evoluzione, allo scopo di limitare frequenza e gravità degli errori individuali ed umani.  Sembra essere un importante richiamo verso la gestione dei processi nell’ottica di assicurare trattamenti ad alto contenuto qualitativo e di sicurezza,  e non sulla vecchia concezione degli standard di qualità.

Nel processo radioterapico, ogni attività inerente l’esposizione di un paziente a radiazioni ionizzanti, salvo la decisione clinica ed il follow up,  di fatto può influire sull’ottimizzazione dell’esposizione, e quindi anche sulla qualità e sulla sicurezza del trattamento, e  le problematiche che ogni giorno affrontiamo non sempre sono legate alla peculiarità della disciplina per cui laurea specialistica e la specializzazione ci preparano; sempre più sono richieste competenze di tipo manageriale: pianificazione e gestione di risorse strumentali ed umane, valorizzazione del personale senza adeguati mezzi economici, valutazione e gestione del rischio.

Analizzare il processo radioterapico con la nuova visione della clinical governance sarebbe importante per costruire la squadra, in cui ad ogni professionista vengono assegnati incarichi di cui in prima persona si assume la responsabilità. Senza prevaricazioni e rivendicazioni. La squadra che opera in Radioterapia è formata da diverse figure professionali, Oncologi Radioterapisti, Fisici Medici, Tecnici Sanitari di Radiologia, Infermieri e staff tecnico amministrativo. Ogni professionista è formato per assolvere ad incarichi delicati e ad elevata complessità, ma spesso intervengono dinamiche interpersonali e tra figure professionali, zone d’ombra in cui le competenze non sono chiaramente definite, tutti fattori che possono aumentare il rischio di evento avverso.

Il Ten. Col. Massimo Tammaro, ex comandante della Pattuglia Acrobatica Nazionale delle Frecce Tricolori, attualmente spende la sua importantissima esperienza intervenendo in molti ambiti professionali e scolastici,  trattando il tema “fare squadra”. Le persone che assolutamente non possono appartenere ad una squadra, per il Ten. Col. Tammaro,  sono gli “Yes Man”: possiamo sostenere che non abbia le credenziali per dirlo?  La Pattuglia Acrobatica Nazionale svolge un’attività ad alto rischio, ma pur sempre produttiva: produce immagine per l’Italia, e non può permettersi errori, perché li pagherebbe in vite umane e in danno d’immagine. Gli “Yes Man” aumentano in modo non accettabile il rischio connesso all’attività delle squadra, perché non hanno conoscenza e coscienza  del limite. I fisici medici acquisiscono, nel loro curriculum formativo, scienza, coscienza e, soprattutto, conoscenza del limite nelle applicazioni delle radiazioni ionizzanti in medicina. I dati dosimetrici non sono numeri magici che escono dal cappello del prestigiatore, e non basta saper usare un computer per eseguire un piano di cura, e soprattutto per garantire la radioprotezione del paziente. La conoscenza del limite è sicuramente l’elemento che discrimina tra arroganza ed umiltà: affrontare le problematiche con umiltà non le risolve, certamente, e nemmeno mette al riparo da errori, ma è un ottimo inizio.

L’impegno del fisico medico è molto oneroso: la moderna radioterapia, a fronte di un evidente miglioramento delle tecniche di erogazione della dose, ha generato molti quesiti che attualmente non sempre trovano risposta.

La fisica medica italiana è in grado di dare un contributo, oppure deve subire l’evoluzione rincorrendo le problematiche che non solo possono influire sulla radioprotezione degli organi a rischio, ma  anche sull’outcome?

Dolorosi eventi recenti dimostrano che sono gli operatori di prima linea, anche se ineccepibilmente preparati, a sopportare le conseguenze di una situazione economica non certo florida, che impone blocco del turn over con organici spesso già cronicamente sotto dimensionati. In questo scenario, il rischio clinico aumenta non solo perché si possono eseguire azioni sbagliate, ma anche perché si possono non eseguire azioni necessarie.  

Quindi, la domanda che sorge spontanea è più politica che scientifica: i fisici medici sono pronti a prendersi la responsabilità di difendere la coscienza del limite, con il rischio di essere visti come ostacolo e conseguentemente sempre più isolati ed incompresi?

Visti i carichi di lavoro, la situazione economica generale, le variegate dinamiche interdisciplinari, sono essi in grado di accrescere nella comunità radioterapica la consapevolezza dei limiti che gli strumenti di dosimetria e di pianificazione impongono alla pratica di trattamenti sempre più complessi, e come tali limiti possono tradursi in elevato rischio per il paziente, se non adeguatamente studiati, senza nel contempo fare nascere l’illusione che professionisti meno radicati e informati possano essere una buona soluzione?

Bibliografia

(1) Adrée Dutreix – When and how can we improve precision in Radiotherapy – Radiotherapy and Oncology, 2 (1984), 275-292

(2)  Radiotherapy Risk Profile WHO/IER/PSP/2008.12 © World Health Organization 2008

(3) LESSONS LEARNED FROM ACCIDENTAL EXPOSURES IN RADIOTHERAPY, SAFETY REPORTS SERIES No. 17,  INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY, VIENNA, 2000

(4) QUALITY ASSURANCE GUIDANCE  FOR  CANADIAN  RADIATION  TREATMENT    PROGRAMS –Canadian Partnership for Quality Radiotherapy – Parternariat canadien pour la qualité en Radiothérapie

www.cancerview.ca/idc/groups/public/documents/webcontent/qs_cpqr_program_quality.pdf

(5) Absorbed Dose Determination in External Beam Radiotherapy - TECHNICAL REPORTS SERIES No. 398 INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY, VIENNA, 2000

(6) Das et al.: Accelerator beam data commissioning equipment and procedures: Report of the TG-106 of the Therapy Physics Committee of the AAPM - Medical Physics, Vol. 35, No. 9, September 2008

(7) Das, Ding, and Ahnesjö: Small fields: Nonequilibrium radiation dosimetry - Medical Physics, Vol. 35, No. 1, January 2008

(8) Report concerning the radiotherapy incident at the University Hospital Center in Toulouse – Rangueil Hospital Autorité de sûreté nucléaire – République Française – Division de Bordeaux

www.french-nuclear-safety.fr

(9)  Alfonso et al.: A new formalism for reference dosimetry of small and nonstandard fields - Medical Physics, Vol. 35, No. 11, November 2008

(10) L.R. Aarup et al.: The effect of different lung densities on the accuracy of various radiotherapy dose calculation methods: Implication for tumor coverage.  Radiotherapy and Oncology – 91 (2009) – 405-414

 (11) D. Schuring and C. W. Hurkmans: Developing and evaluating stereotactic lung RT trials: what we should know about the influence of inhomogeneity corrections on dose. Radiation Oncology 2008, 3:21 

(12) G. X. Ding et al.: A STUDY ON BEAMS PASSING THROUGH HIP PROSTHESIS FOR PELVIC RADIATION TREATMENT - I.J.R.O.B.P.  Volume 51, Number 4, 2001

(13) Reft et al.: Dosimetric considerations for patients with HIP prostheses undergoing pelvic irradiation. Report of the AAPM Radiation Therapy Committee Task Group 63

(14) J. R. Marbach et al.: Management of radiation oncology patients with implanted cardiac pacemakers: Report of AAPM Task Group No. 34 Medical Physics, Vol. 21, No. 1, January 1994

(15) A. Last : Radiotherapy in patients with cadiac pacemakers

(16) C. W. Hurkmans et al.: INFLUENCE OF RADIOTHERAPY ON THE LATEST GENERATION OF IMPLANTABLE CARDIOVERTER-DEFIBRILLATORS. I.J.R.O.B.P., Vol. 63, No. 1, pp. 282–289, 2005

(17) S. Sundar et al.: Radiotherapy to patients with artificial cardiac pacemakers. CANCER TREATMENT REVIEWS (2005) 31, 474–486

 (18) Murphy et al.: The management of imaging dose during image-guided radiotherapy: Report of the AAPM Task Group 75 Medical Physics, Vol. 34, No. 10, October 2007

 (19) Klein et al.: Task Group 142 Report: QA of Medical Accelerators Task Group 142 report. Medical Physics, Vol. 36, No. 9, September 2009

(20) R. A. Siochi: A rapid communication from the AAPM Task Group 201: Recommendations for the QA of external beam radiotherapy data transfer. AAPM TG 201: Quality assurance of external beam radiotherapy data transfer Journal of Applied Clinical Medical Physics, Vol. 12, No. 1, Winter 2011

(22) G.J. Meijer et al. Consistency in quality control programmes for electron accelerators in radiotherapy centres Radiotherapy and Oncology 48 (1998) 103–110

(22) E. Boiani: Il miglioramento dei processi

www.bncf.firenze.sbn.it/notizie/testi/qualitainbiblioteca/Boiani%20Migliorare%20i%20processi.ppt


2.  Principali incidenti occorsi con le nuove tecniche RT

2.1  Introduzione

Nel presente paragrafo vengono elencati in modo sintetico i più noti casi di esposizione accidentale in radioterapia.

Raggruppati in base alla tipologia di errore che li ha determinati, i casi descritti riguardano principalmente l’introduzione e l’utilizzo di nuove tecnologie e l’incremento di potenziali fonti di errore ad esse correlate, Nel documento non vengono invece affrontati gli aspetti di miglioramento della qualità dei trattamenti legati al progresso tecnologico.

Il seguente lavoro è frutto della consultazione e della raccolta di dati riportati nelle seguenti fonti:

https://rpop.iaea.org/

http://www.rosis.info/

Esposizioni accidentali suddivise per tipologia di errore

2.2. Problemi tecnico-meccanici/ utilizzo scorretto delle attrezzature

2.2.1. Problemi al software dell’acceleratore

Nel 1980, negli Stati Uniti ed in Canada, si verificarono sei casi di esposizione accidentale con rilascio di un elevata sovra-dose al paziente; in tutti e 6 i casi era stato impiegato lo stesso tipo di acceleratore. Tale acceleratore disponeva di un nuovo sistema di sicurezza via software, a differenza dei vecchi modelli dotati invece di blocchi di sicurezza di tipo meccanico ed elettrico. Nell’incidente descritto, una rapida immissione di dati in sequenza, permessa dal software, ha causato l’inappropriato set up dei parametri dell’acceleratore. Mentre il paziente era posizionato sul lettino, l’erogazione del fascio è stata attivata più volte premendo consecutivamente il comando “procedi”. Il paziente ha avuto percezione di qualcosa di anomalo, lamentando una sensazione di bruciore, ma le caratteristiche di malfunzionamento intermittente hanno reso difficile identificare  il problema.

2.2.2.  Errata riparazione di un acceleratore

Nel dicembre 1990 in un ospedale spagnolo, si è verificato un guasto ad un acceleratore lineare.
A seguito della riparazione, il pannello di controllo indicava un livello fisso di energia degli elettroni pari a 36 MeV, indipendentemente dal fatto che il valore di energia selezionato per il trattamento fosse 7, 10 o 13 MeV. I trattamenti sono ripresi il lunedì successivo. I tecnici, pur accorgendosi della discrepanza tra l'energia selezionata e quella indicata sul pannello di controllo, hanno pensato che l'indicatore fosse semplicemente rimasto bloccato a 36 MeV, continuando però ad erogare l’energia selezionata a tastiera.

In realtà, un transistor era andato in corto circuito: indipendentemente dalla tensione, il sistema di magneti di scansione continuava ad essere alimentato alla corrente massima, consentendo di ottenere un fascio di elettroni solo quando veniva utilizzata l’energia massima. L’acceleratore era progettato in modo da erogare un campo uniforme attraverso la scansione di un fascio di elettroni, a patto che la corrente dei magneti scansione corrispondesse all’energia selezionata. Essendo l’energia settata al valore massimo, la deflessione nei magneti di scansione risultava sempre troppo piccola e, di conseguenza, il campo concentrato al centro. Questo effetto provocò l’aumento della fluenza e quindi della dose per le energie inferiori a 36 MeV. Per l’energia minima, 7MeV, la dose erogata risultò pari a 9 volte quella prevista. Durante i 10 giorni di anomalie di funzionamento, un totale di 27 pazienti furono trattati con elettroni con l'apparecchiatura. Come conseguenza della sovra-esposizione 15 dei 27 pazienti sono morti (la maggior parte entro 1 anno). Per gli altri due morti la sovra-esposizione alle radiazioni è stata considerata uno dei principali fattori causali.

2.2.3. Guasto all’interlock dell’acceleratore

Nel 2001 in un ospedale della Polonia cinque pazienti sono stati soggetti ad esposizione accidentale. A seguito di una caduta di tensione presso il dipartimento di radioterapia, un acceleratore si è spento automaticamente. Al ripristino dell'alimentazione elettrica, l'acceleratore è stato riavviato dopo l’esecuzione di alcuni controlli che non hanno mostrato anomalie, ad eccezione di un basso rateo di dose. Per risolvere il problema, il personale ha alzato il limite di corrente del filamento. L’attività clinica è stata ripristinata ed i trattamenti rimanenti completati. Due dei pazienti hanno riferito di  aver percepito una sensazione di bruciore durante il trattamento. Subito dopo l'ultimo trattamento, è stata effettuata una misura di dose assorbita che ha rilevato una lettura estremamente alta e l'acceleratore è stato messo fuori uso clinico. Ulteriori ricerche hanno portato alla scoperta di  un doppio errore:

 (1) il guasto di un fusibile del power supply del sistema di monitoraggio del fascio generava un rateo di dose elevata, nonostante il display indicasse un valore inferiore al normale;

 (2) nel sistema di interlock di sicurezza si era rotto un diodo che avrebbe dovuto indicare i problemi esistenti al monitor dosimetrico.

Tutti e cinque i pazienti trattati con dosi eccessive hanno sviluppato lesioni locali da radiazioni di varia entità.

2.2.4.  Malfunzionamento in un’unità di HDR

Nel 1992 nell’Indiana (USA), un paziente era in trattamento per un carcinoma anale, mediante brachiterapia ad alto rateo di dose e tecnica afterloader. Con questa tecnica, la sorgente è attaccata ad un cavo che può essere inserito in successione nell’area di trattamento mediante controllo remoto, attraverso uno o più cateteri. Cinque cateteri sono stati posizionati a livello del volume da irradiare. Non si sono presentati problemi per i primi 4 cateteri. Durante l’introduzione della sorgente nel quinto catetere, la consolle di controllo ha segnalato un errore. A seguito di vari tentativi il trattamento è stato interrotto, lo staff ha disconnesso l’unità HDR dai cateteri impiantati e rimosso il paziente. L’allarme ha segnalato un alto livello di radiazioni nella sala, ma tale segnale è stato ignorato. Il misuratore di radiazioni a disposizione non è mai stato usato per confermare o escludere la veridicità del segnale di allarme. La console HDR aveva confermato la messa in sicurezza della sorgente e la paziente è stata riportata alla sua casa di cura. Lo staff dell’ospedale non  si è accorto che la sorgente, uscita dalla guida, è rimasta all’interno del catetere. Il catetere contenente la sorgente è stato rimosso dalla paziente quattro giorni dopo e gettato in un  sacchetto della spazzatura  per materiale “a rischio biologico".

Qualche tempo dopo un rivelatore ha misurato emissioni di radiazioni dal cestino di un rimorchio e si è così risaliti alla provenienza della sorgente. La  paziente aveva ricevuto un massiccio sovradosaggio  ed è morta poco dopo la rimozione della sorgente.

2.2.5.  Dispositivi di misurazione inadeguati

Hôpital de Rangueil, Tolosa, France

Nell’ aprile del 2006, I fisici dell’unità di radioterapia hanno ultimato il commissioning della nuova unità di stereotassi BrainLab Novalis che consentiva l’utilizzo del Micromultileaf (MLC) con  lamelle di spessore pari a 3 mm o di collimatori standard. Con il micro MLC, per dimensioni di campo entro  6 x 6 mm non è necessario l’uso di fattori di conversione; il TPS per campi di dimensioni inferiori richiede che sia specificata la percentuale di dose in profondità, il profilo del fascio, ed i relativi scatter factors. Dunque campi piccoli richiedono maggiori cautele ed attenzioni.

Per la calibrazione dei fasci più piccoli è stato usato una camera a ionizzazione di dimensioni  considerate inappropriate dagli ispettori della Nuclear Safety Authority (ASN). Dati errati sono stati inserirti nel TPS e tutti i pazienti trattati con microMLC  sono stati pianificati sulla base di dati non corretti. BraiLab scoprì l’errore durante uno studio di confronto tra differenti centri nel mondo comparando i dati misurati con quelli di altri centri ed evidenziando che essi risultavano discordanti.

Tutti i  trattamenti con microMLC effettuati per circa un anno dall’aprile del 2006 all’aprile del 2007 risultarono affetti da errore (145 su 172  patienti sottoposti a stereotassi).

L’impatto è stato considerato di scarsa entità nella maggior parte dei casi, con 6 pazienti in cui più del 5% del volume di organo sano aveva ricevuto dose superiore ai limiti.

2.2.6.  Errore d’utilizzo del TPS

2.2.6.a. Geometria del trattamento

Fino al 1982, in un ospedale nel Regno Unito la valutazione della corretta dose da rilasciare al tumore si basava su calcoli manuali. I trattamenti venivano  generalmente eseguiti ad una distanza standard (Source-to-SkinDistance, SSD) di 100 cm. Raramente venivano eseguiti trattamenti isocentrici, in quanto complessi da effettuare con i soli calcoli manuali. Per i trattamenti a SSD non standard (compresi i pochi trattamenti isocentrici) si faceva uso di una procedura non scritta. I tecnici avevano  calcolato per  questi casi un fattore di correzione, che teneva conto  dell' SSD effettivamente impiegata.

Un sistema computerizzato di pianificazione del trattamento (TPS) venne acquisito nel 1981 e, dopo alcuni test preliminari, venne impiegato nella pratica clinica a partire dall'autunno del 1982. Quando il primo piano isocentrico calcolato mediante TPS fu pronto, i tecnici assunsero che fosse necessario applicare i fattori di correzione per SSD non standard; il fisico medico autorizzò tale procedura. In altre parole non fu verificato che il TPS, per i trattamenti isocentrici, aveva già correttamente applicato una correzione dell'inverso del quadrato. I tecnici continuarono ad applicare il fattore di correzione a tutti i casi in cui l’SSD non fosse standard. Come conseguenza, il fattore di correzione della distanza fu applicato due volte per tutti i pazienti trattati con modalità isocentrica, erogando dosi inferiori a quella prescritta.

Nel 1991 fu installato un nuovo TPS e fu scoperta una discrepanza tra i nuovi piani di cura e quelli prodotti dal sistema precedente. Ulteriori analisi rivelarono che il TPS originale conteneva già in sé un modulo di  correzione per i piani ad SSD non standard. Fu avviata di seguito un'indagine formale, e si scoprì che la  stessa procedura errata era stata portata avanti per circa nove anni fino al 1991. In tale periodo, il 6% (1045) dei pazienti avevano ricevuto un trattamento mediante tecnica isocentrica.

Su 1045 pazienti interessati da procedure errate, 492 avevano sviluppato recidive locali attribuibili ad un errore. Il sottodosaggio variava tra il 5 e il 35%.

Inadeguata Formazione dello staff di fisica e di supervisione per carenza di personale.

2.2.6.b. Calcolo Unità Monitor

Gennaio del 2006: Beatson Oncology Centre (BOC) in Glasgow, Scozia,

Fino al 2005 la pratica prevedeva che il TPS  calcolasse le UM per 1 Gy e che la dose di prescrizione per ciascuna frazione fosse inserita manualmente moltiplicando per il numero corretto di UM.  Con l’aggiornamento del sistema di record and verify si decise anche di inserire la dose/frazione nel TPS limitatamente alle tecniche di trattamento più frequentemente utilizzate. Il 5 Gennaio Lisa Norris, una ragazza di 15 anni, iniziava un trattamento di irradiazione cranio spinale. Presso il Beatson Oncology Centre venivano eseguiti in media 6 trattamenti cranio spinali  all’anno. La pianificazione del trattamento era stata affidata ad un giovane fisico, privo di esperienza, che aveva ricevuto istruzioni  iniziali per pianificare il trattamento con la possibilità di essere poi supervisionato nel lavoro. Le UM per l’intera dose frazione vennero calcolate dal TPS automaticamente e erroneamenre ricorrette anche tramite il calcolo manule. La dose all’encefalo avrebbe dovuto essere 1.75 Gy/frazione, ma era stata erroneamente incrementata di un 67% (2.92 Gy). Prima che l’errore fosse scoperto Lisa Norris aveva ricevuto 19 frazioni all’encefalo da 2.92 Gy per un totale di 55.5 Gy. Lisa Norris morì 9 mesi dopo l’incidente.

2.2.6.c. Orientamento della scansione di imaging

Karmanos Cancer Center (KCC) in midtown Detroit, Michigan, USA

Nell’ottobre del 2007 presso l’unità di gamma knife un paziente effettuava una RM per la pianificazione del trattamento radiante. La pratica standard di setup prevedeva che il paziente fosse posizionato nella modalità “head first”. La posizione di set up era corretta, ma la scansione era stata effettuata secondo la modalità “feet first”. Le scansioni assiali erano state poi invertite. Il fisico, nell’importazione delle immagini al TPS non si è accorto dell’errore che ha portato ad uno shift dell’isocentro di 18 mm lungo la linea mediana dell’encefalo. Il trattamento è stato quindi erogato nella sede sbagliata.

2.2.6.d. Errata pianificazione IMRT

Nel marzo 2005, in una divisione di radioterapia dello stato di New York, un paziente doveva essere trattato per un carcinoma dell’orofaringe mediante tecnica  IMRT.

Un piano  IMRT era stato creato con un piano di verifica le cui misure, effettuate con dosimetri portali (EPID), ne confermavano la correttezza.

Pochi giorni dopo, il paziente iniziava il trattamento che veniva erogato correttamente.

Dopo alcune frazioni, i medici rivedendo il piano decidevano di modificare la distribuzione di dose per ridurre la dose ai denti. Il piano veniva copiato e riottimizzato. Il frazionamento veniva modificato, le fluenze esistenti cancellate e riottimizzate, e le nuove fluenze salvate nel database. Nella fase di salvataggio i dati vengono spediti in una cartella temporanea e non sono salvati in modo permanente finchè tutti i dati non sono stati ricevuti. Nel caso specifico i dati da salvare includevano le DRR,  i dati di fluenza, i “control point” del MLC.

Nella fase di salvataggio di tutti questi parametri si verifica un errore software del sistema operativo non risolto dall’operatore. Il piano viene quindi importato su un’altra work station.  La procedura di salvataggio non era andata a buon fine e nel nuovo piano non erano stati  inclusi i control points del MLC. Il piano non era stato misurato prima del trattamento. Il paziente era stato trattato senza MLC per tre frazioni, ricevendo 13 Gy a frazione (tot 39 Gy).

Successivamente era stato creato un piano di verifica inviato poi al Linac, l’operatore aveva notato l’assenza del MLC e scoperto l’errore.

2.2.6.e.  Errore nel calcolo di  cunei dinamici 

Ospedale Jean Monnet in Epinal, Francia

Nel maggio del 2004 si decise di passare, per i pazienti prostatici, dai cunei statici ai cunei dinamici. L’ospedale aveva un unico fisico medico che prestava attività anche presso un’altra clinica.  

In preparazione al cambio della tecnica di trattamento due operatori avevano fatto una breve demo, tuttavia non era disponibile per tutti gli operatori un manuale scritto in francese. Quando i cunei dinamici vennero introdotti il controllo indipendente delle unità monitor con i diodi usati in precedenza non era più applicabile. I piani di trattamento con cunei dinamici cominciarono, ma non tutti i responsabili della pianificazione comprendevano l’interfaccia con il sistema di planning: alcuni pianificarono con cunei meccanici al posto dei cunei dinamici.

Finiti i piani e approvate le distribuzioni di dose i parametri venivano trasferiti manualmente all’unità di trattamento. Le UM trasferite manualmente erano state calcolate per cunei meccanici e risultavano di gran lunga maggiori di quelle necessarie per dare la stessa dose con cunei dinamici. Da maggio del 2005, 5 pazienti avevano manifestato serie lesioni ed il numero era salito a 10 in agosto. In seguito un medico ed un fisico, riesaminando tutti i file, scoprirono l’errore di sovradosaggio.  I trattamenti basati su un numero errato di UM erano stati  effettuati per oltre un anno. Nell’arco di questo periodo almeno 23 pazienti avevano ricevuto una sovradose (20% o più della dose prevista)

Tra il settembre 2005 ed il settembre 2006, 4 pazienti morirono e almeno 10 pazienti mostrarono complicanze severe radioindotte (dolore intenso, fistole).

Gli eventi di esposizione accidentali descritti e molti altri non inclusi in questo paragrafo, avrebbero potuto essere evitati seguendo regole fondamentali per la garanzia di qualità di ogni clinica.

È necessario innanzitutto assicurarsi che tutto il personale sia adeguatamente formato sulle procedure di sicurezza da radiazioni, sul funzionamento delle apparecchiature ed adeguatamente addestrato per le situazioni di emergenza. Risulta di fondamentale importanza includere nel programma di Quality Assurance  procedure formali per

Dovrebbero essere previste procedure per eseguire il commissioning delle attrezzature per la pianificazione del trattamento prima del primo utilizzo e, ove possibile, procedure indipendenti per il calcolo e la  verifica dei singoli tempi di trattamento del paziente.

Dal momento che un sottodosaggio, non producendo  sintomi riconoscibili, è difficile da valutare,  la verifica del risultato clinico è importante. Ascoltare, osservare, riferire, e seguire nel tempo le reazioni del paziente, indagando con attenzione eventuali report di funzionamento anomalo, è sempre fondamentale per l’identificazione di errori non segnalati dalle apparecchiature. 

2.3  Data transfer/R&V

Il trasferimento di dati clinici è un problema assai comune in molti ambiti e in particolare in ambito radioterapico. Errori nel trasferimento dati sono per la maggior parte dovuti ad errori o disattenzioni umane. Inoltre, all’aumentare della complessità dei trattamenti, aumenta anche il quantitativo di dati che devono essere trasmessi attraverso le diverse fasi di preparazione e erogazione della terapia. L’ICRP  ha stimato che, per un trattamento di 4 campi e 30 frazioni, vengono settati circa 1000 parametri. Questa stima ovviamente aumenta per trattamenti più conformazionali. Il processo di trasferimento dati è spesso reso più complesso dal fatto che tipologia e formato di alcune informazioni debbano essere modificati (e.g. da testo ad immagine e/o da carta a monitor). Un errato trasferimento di tutti i dati per il trattamento di un paziente può risultare in un significativo sotto/sovra-dosaggio e/o in un disallineamento tra campo di trattamento e bersaglio. La verifica indipendente di tutti i parametri di trattamento prima o durante la prima sessione di terapia, tramite controllo di cartella clinica, campi di trattamento, portal imaging e dosimetria in-vivo è cruciale per la rilevazione di eventuali errori nel flusso di informazioni.

In questo contesto si inseriscono i sistemi di Record and Verify (R&V), che hanno rappresentato una parte cruciale del progresso tecnologico in radioterapia oncologica. L’implementazione dei sistemi R&V ha ridotto la frequenza di certi tipi di errori ‘casuali’, ma ha anche introdotto nuove classi di rischio. Molti errori correlati ai sistemi R&V sorgono in fase di inserimento dati manuale da parte dell’operatore. Situazioni in cui parte dei dati sono stati trasferiti elettronicamente e parte inseriti manualmente possono creare un falso senso di sicurezza. Dal momento che questi stessi dati formano le basi per il trattamento del paziente è assolutamente necessario che siano sempre corretti. Circa un quinto dei report presenti nel database del ROSIS è riconducibile ad un errato inserimento di dati in un sistema R&V. Altri errori legati ai sistemi R&V sono correlati a problemi software o di rete, violazione di procedure approvate o mancato aggiornamento dei dati a seguito di modifiche nel trattamento.

Dei primi 600 report raccolti nel database del ROSIS, si è stimato che per circa metà (49%; 294/600) un errore di trasferimento dati abbia causato direttamente o contribuito in parte ad un esposizione accidentale e che 130 di questi 294 (44%) hanno avuto come conseguenza un errore nel trattamento, almeno per la prima frazione. La maggior parte di questi errori di trascrizione è riconducibile alla fase preparatoria, ma non è stata scoperta fino al trattamento effettivo.  

Dei 294 eventi di errato trasferimento dati:

In ogni caso, è necessario sottolineare la dipendenza dei sistemi di report degli incidenti dalla  volontà del personale coinvolto e dalla capacità di individuare gli errori commessi. Non sempre le statistiche riportate riflettono i reali scenari, la relazione tra gli incidenti registrati e quelli che realmente accadono non è nota.  

Viene di seguito riportato un breve elenco di alcuni degli errori di trasferimento dati registrati. Nella maggior parte dei casi, eventi di esposizione accidentale avrebbero potuto essere evitati tramite l’applicazione di corrette procedure di portal imaging.

2.3.1  Scambio di dati: campi trasposti  

In un trattamento i campi anteriore e posteriore erano stati scambiati sia sulla cartella clinica che in fase di simulazione. Di conseguenza erano stati trasferiti all’acceleratore in modo scorretto, ma fortunatamente le UM per ogni campo erano identiche.

2.3.2   Invio dell’immagine di riferimento sbagliata

La DRR sbagliata era stata trasferita al database del paziente. Quando alla prima seduta erano state acquisite le immagini di ciascun campo, i tecnici avevano evidenziato discrepanze significative tra i due set di immagini. Un’indagine più approfondita aveva rivelato che erano state inviate immagini DRR appartenenti allo stesso paziente, ma ad un altro piano di trattamento.

2.3.3  Mancato aggiornamento dati: UM modificate  

La dose giornaliera di un paziente era stata modificata dal medico e il piano di trattamento aggiornato con le nuove UM. Il nuovo piano non era stato trasferito via DICOM al Linac e i tecnici inizialmente non si sono accorti delle nuove UM.

2.3.4  Omissione di informazioni fondamentali nel trasferimento dati.

- Per il trattamento di un tumore alla gamba, la CT di simulazione era stata effettuata con il paziente orientato foot first. Quando le immagini erano state inviate a TPS l’informazione non era stata trasferita dal fisico e la posizione era stata invertita. Il paziente era stato comunque trattato come in CT ed i campi invertiti di conseguenza, per 10 frazioni.

- Un paziente in cura per radioterapia al mediastino per un linfoma non-Hodgkin era stato sottoposto a 3DCRT. In fase di simulazione erano stati effettuati due tatuaggi, uno centrale e uno in una posizione più bassa, per l’allineamento. In fase di acquisizione CT, il medico aveva posizionato i marker metallici su entrambi i tatuaggi. Il fisico, in fase di planning, aveva centrato il fascio sul tatuaggio più basso di allineamento, ma non aveva specificato lo shift nelle note di set up sul R&V: il fascio era stato centrato sul tatuaggio superiore con un errore di 10 cm. Il primo giorno di trattamento le DRR non erano disponibili per il confronto con le immagini acquisite tramite EPID. L’errore era stato scoperto dal medico durante una visita al paziente che lamentava disfagia. In questo caso era stato fatto un nuovo piano per il trattamento della zona sottostante non inclusa nel campo di radiazione.

- Nel caso di una metastasi al fegato, da trattare con campi piuttosto piccoli,erano stati settati due isocentri, uno di set up e uno di trattamento. L’off set pianificato dalla posizione di set up alla posizione di trattamento non era stato effettuato. Le immagini portali erano state acquisite ed approvate in una posizione di 5 cm spostata rispetto a quella corretta. Le immagini di riferimento erano troppo piccole per avere abbastanza informazioni anatomiche ed il paziente era stato posizionato con uno shift pari a due vertebre.

2.3.5   Errore di trascrizione: impostazione di un valore scorretto

- Mentre alcuni parametri vengono trasferiti automaticamente dal TPS, altri devono essere inseriti manualmente. Uno di questi ultimi è la dose per campo. Nel caso riportato, nonostante la dose fosse stata calcolata correttamente, era stato inserito un valore errato di dose nel sistema R&V. L’errore è stato identificato da un fisico addetto al controllo dei parametri R&V prima del trattamento.

- Per un paziente trasferito da un’unità ad un'altra al fine di ridurre i tempi di attesa si era verificata una scorretta selezione del campo su un sistema VarisPt. Era stato trattato un campo 7 x 8 cm2 invece del pianificato 8 x 7 cm2. L’errore era stato corretto per il secondo campo.

- A seguito della rottura del Linac numero 3, un paziente era stato spostato su un altro acceleratore. Era stato trattato un campo anteriore di ampiezza 8.9 cm, invece dei 9.9 cm pianificati, a causa di un errore di trscrizione dati. La procedura di controllo non aveva messo in evidenza l’errore.

- In fase di simulazione, nel R&V era stata inserita l’energia sbagliata per due campi. L’errore era stato  scoperto tramite una misura di dosimetria in vivo che aveva rilevato un valore di dose troppo basso. L’energia era stata cambiata per il secondo campo  prima del trattamento.

2.3.6  Errore nel trasferimento elettronico dei dati

- Un paziente polmone era stato trattato con una tecnica a tre campi. Gli angoli di Gantry impostati erano 0, 167 e 209 gradi. Solo dopo 10 frazioni si era scoperto che il terzo campo era sempre stato impostato a 249 gradi. L’angolo di Gantry riportato nel piano di trattamento e nella cartella clinica era corretto, mentre quello presente nel sistema di verifica risultava sbagliato. L’errore era stato associato ad un malfunzionamento nel trasferimento elettronico dei dati, ma non era stato possibile riprodurlo in fase di test. Durante la prima seduta di trattamento erano state acquisite immagini portali dei tre campi. I campi 1 e 2 erano stati approvati, mentre il terzo ‘appariva’ scorretto. Invece di controllare i dati di set up, si era deciso di proseguire con il trattamento e riacquisire una nuova immagine il giorno successivo. La seconda imagine non era stata né controllata nè approvata.

Gli errori commessi nel trasferimento dati rischiano di essere spesso ignorati se non sono implementate  ed eseguite adeguate procedure di controllo nella pratica clinica. Nella maggior parte di questi casi è frequente che i pazienti ricevano una parte del trattamento in modo scorretto prima che l’errore sia identificato. Procedure complete di controllo, prima dell’utilizzo di qualsiasi dato nel sistema R&V, e controlli adeguati ed indipendenti durante la prima fase di un trattamento (o a seguito dell’introduzione di un qualsiasi nuovo dato) dovrebbero assicurare la rilevazione della maggior parte degli errori nelle primissime fasi del trattamento.

2.4   Identificazione paziente

2.4.1  Ingresso del paziente errato in sala di trattamento.

- Uno studente aveva accompagnato il paziente sbagliato in sala di trattamento.  L’errore era stato immediatamente  scoperto dal personale in sala di trattamento al momento della comunicazione con  il paziente.

Episodi analoghi sono piuttosto comuni e vengono spesso descritti in  letteratura.  L’errore sarebbe stato facilmente evitato applicando i protocolli definiti in materia di identificazione del paziente.
Benché nel report non fosse riportato il livello di formazione dello studente in questione, di  certo l’attività di accompagnare i pazienti in sala di trattamento esulava dalle sue competenze.

- Per l’identificazione dei pazienti ricoverati erano stati utilizzati i numeri di letto.

I numeri relativi a due pazienti, dal nome simile, ricoverati nello stesso reparto erano erroneamente stati scambiati dal personale della radioterapia per cui il paziente sbagliato era entrato in sala di trattamento.

Ci si è resi conto dell'errore al momento  del set up.

Tutte le linee guida disponibili in materia raccomandano chiaramente di non utilizzare in ospedale il numero di letto come mezzo di identificazione del paziente e questo incidente è un chiaro esempio di ciò che può accadere se tali linee guida non vengono rispettate.

In aggiunta a questo anche  il personale dell'unità di trattamento avendo evidentemente scarsa familiarità con il paziente non aveva adottato alcun processo di verifica per l’ identificazione del paziente.

- Un paziente, terminata la degenza, veniva  dimesso dall’ospedale. Immediatamente dopo la sua dimissione, un paziente, dal nome identico, veniva  ricoverato nello stesso letto.

Nel frattempo il trasporto al reparto di radioterapia non era stato annullato con la dimissione del primo, per cui il nuovo paziente, con lo stesso nome, ora nello steso letto, era stato successivamente accompagnato in radioterapia per il trattamento.  

L'errore era emerso alla verifica delle date di nascita differenti da parte di un’impiegata dell’amministrazione.

Anche questo episodio evidenzia l'importanza dell’impiego di  procedure di identificazione del paziente che vanno effettuate in loco e più volte durante tutti gli step  del percorso del paziente. Tutto il personale deve inoltre essere consapevole delle procedure e seguire il protocollo concordato.

- Due pazienti con la stessa patologia erano in attesa di iniziare  il trattamento radiante.

Il primo paziente aveva effettuato la prima seduta,  al momento della chiamata il secondo paziente, aveva segnalato che il  nome con cui si erano rivolti a lui non era corretto.

E’ seguita una verifica dei dati e ci si era accorti che il primo paziente, con problemi di udito, era entrato erroneamente in sala di trattamento ricevendo un trattamento che non era il suo.

I riferimenti di setup, che non corrispondevano, erano stati completamente  ignorati.

2.4.2 Associazione  dei parametri di trattamento al  paziente sbagliato 

- Il nome e l'ID, riportati sul piano di trattamento di un paziente erano diversi rispetto a quelli della  simulazione.  I parametri di trattamento erano infatti relativi ad un altro paziente con nome simile.


La responsabilità era da imputare alla mancanza di attenzione da parte del personale responsabile della pianificazione del trattamento.


- Due pazienti dal nome e cognome identici,  avevano entrambi effettuato una TC encefalo di simulazione per il trattamento.

Al momento della sessione di marcatura di un paziente ci si era resi conto che la  TC a lui associata era  relativa ad un altro paziente con lo stesso nome e cognome, ma diversa data di nascita. L'errore si era verificato al momento dell’invio delle TC al simulatore ; lo staff non aveva controllato altri dettagli oltre al nome.

Questo incidente mette ancora una volta in evidenza la necessità di controllare parametri multipli per identificare i pazienti.

- Un paziente era stato trattato con il piano di trattamento di un altro paziente. Tutti i parametri erano pressoché sovrapponibili, con solo minime differenze.

La causa dell’errore era ancora una volta da ricercare nell’errata identificazione del paziente prima del trattamento.

A seguito del riscontro dell’errore il centro aveva suggerito l’impiego di una fotografia per l’identificazione dei pazienti.

2.4.3  Scambio di pazienti con lo stesso nome e cognome 

- Una paziente tatuata per ricevere un trattamento radiante all’omero aveva ribadito che lei non era mai stata irradiata prima, tuttavia la sua vicina di casa, che aveva lo stesso nome e cognome, ma era di un anno più vecchia,  aveva ricevuto un trattamento radiante, nello stesso Istituto e dallo stesso radioterapista tre anni prima. Il modulo di prenotazione per la nuova paziente era stato completato in modo corretto  ma i dati delle due pazienti erano stati erroneamente associati.

L’ errore era stato scoperto solo al momento del trattamento.

Questa situazione sottolinea l’importanza della comunicazione con i pazienti.

- Due pazienti con lo stesso nome e cognome, ma con iniziali diverse nel “midde name” erano in trattamento per carcinoma prostatico. Uno dei pazienti aveva già iniziato la seconda parte del trattamento con  boost a campi ridotti. Chiamato in sala di trattamento, gli erano stati applicati dei parametri di set up errati (relativi al paziente omonimo) con conseguente irradiazione in una regione indesiderata.  Il team di tecnici alla macchina era appena cambiato e non era stato informato dei due pazienti con lo stesso nome.

 

Da questo errore emerge l’importanza del  rapporto continuativo con lo stesso personale di trattamento.

 

- Un paziente, con patologia del distretto testa e collo, era stato simulato ed il campo di trattamento disegnato sulla sua maschera. Al momento del trattamento però la sua maschera era stata impiegata per un altro paziente con lo stesso nome. La maschera calzava perfettamente anche al secondo paziente per cui al personale di macchina non era venuto alcun dubbio sull’errore.

Il paziente aveva ricevuto alcune sedute di  trattamento su un volume sbagliato prima che l’errore fosse scoperto.  

-  I parametri di setup indicati sulla cartella di un paziente non corrispondevano ai marcatori sulla cute del paziente. Richiesto l’intervento del medico era stato quest’ultimo ad accorgersi dello scambio di pazienti.

Questo esempio mostra l’importanza della conoscenza del paziente tramite un  rapporto continuativo con lo stesso personale di trattamento.

- La maschera termoplastica di un paziente era stata impiegata per posizionare un altro paziente con lo stesso nome al momento della simulazione. Il paziente era dunque stato simulato  ed i segni di setup erano stati posti sul dispositivo errato. La maschera, in effetti non calzava perfettamente al paziente, ma a ciò non si fece granché caso fino alla prima seduta di trattamento quando le immagini di  verifica del setup del paziente avevano mostrato che  l’area di trattamento non coincideva con i riferimenti sulla  maschera.

Quando una maschera non si adatta perfettamente all’anatomia di un paziente, il problema non dovrebbe essere trascurato.

Bibliografia


3.  Gestione e utilità del reporting e delle analisi retrospettive

Figura 1  tratta da Ministero della Salute,2004

“Our new principle must be to learn from our mistakes so that we avoid them in future; this should take precedence even over the acquisition of new information. Hiding mistakes must be regarded as

a deadly sin.” (McIntyre e Popper, 1983)

3.1 Introduzione

Approccio reattivo all'analisi degli errori: l’analisi che parte da un evento avverso e ricostruisce a ritroso la sequenza di avvenimenti con lo scopo di identificare i fattori che hanno causato o che hanno contribuito al verificarsi dell'evento.

Il punto di partenza per poter effettuare analisi di tipo retrospettivo in ambito medico è che le strutture sanitarie mantengano in modo sistematico e in forma consultabile e pratica la traccia di tutte le attività che coinvolgono un paziente in una struttura dall'accettazione alla dimissione. Nel caso specifico della Radioterapia la tracciabilità delle informazioni deve riguardare pertanto anche tutte le fasi di diagnostica e definizione dello staging e deve inoltre comprendere anche il follow up. Questo sia perché sono momenti di valutazione che possono modificare il percorso terapeutico del paziente sia perché, nel caso del follow up, sono momenti in cui possono emergere effetti legati ad eventuali errori di trattamento.

La raccolta dei dati e delle informazioni ha inoltre un impatto anche sulla qualità delle prestazioni fornite oltre che sulla sicurezza dei pazienti perché permette di effettuare un continuo monitoraggio dei risultati delle proprie prestazioni e il confronto con quanto previsto dalle migliori evidenze (EBM – www.thecochranelibrary.com).

E' nella raccolta dei dati relativi ai pazienti e nella loro analisi uno dei punti di contatto del processo di garanzia della sicurezza del paziente (Safety) e quello di assicurazione della qualità della prestazione (Quality Assurance).

La Radioterapia ha inoltre una specificità marcata rispetto ad altre discipline che è la aleatorietà.

Per la natura delle radiazioni utilizzate e della tipologia di irraggiamento è quasi sempre impossibile irraggiare il bersaglio senza irraggiare i tessuti sani. Una certa percentuale di effetti collaterali è quindi inevitabile. Siano essi effetti quantificabili in termini di entità di danno (deterministici) o di probabilità di insorgenza di danno (stocastici). La rilevante variabilità individuale della radiosensibilità rende ulteriormente difficile prevedere eventuali effetti dannosi per uno specifico paziente. Anche la guarigione di un paziente è in generale prevista in termini probabilistici (TCP).

Questi fattori di confondimento rendono quindi molto difficile evidenziare, sulla base dell’analisi degli effetti delle terapie, gli Eventi Avversi (errori) non catastrofici che sono la stragrande maggioranza.

Questo capitolo tratterà quindi alcuni metodi per effettuare analisi di tipo reattivo agli errori e l'utilizzo dell'Audit come approccio retrospettivo per evidenziare eventuali errori o procedure non corrette (malpractice) che fortunatamente non portano a danni catastrofici, come quelli invece riportati nel precedente capitolo.

Nelle analisi retrospettive delle procedure di lavoro in ambito medico è essenziale utilizzare un principio di tolleranza e nelle analisi a seguito di errori non deve esserci spazio per la denigrazione delle professionalità coinvolte né per un approccio di tipo punitivo. Sarebbe scorretto e spingerebbe i professionisti all'omertà. L'obbiettivo del processo deve essere educativo e pratico, deve cioè essere volto al miglioramento della professione e dei professionisti e non alla punizione di coloro che hanno sbagliato (WHO, 2005).

3.2. Limiti delle analisi retrospettive

Il principale limite della analisi retrospettive come strumento di sicurezza è che per la loro stessa natura sono analisi che mirano a individuare errori al fine di evitare il loro ripetersi, ma nulla possono sugli errori già commessi che vengono analizzati. E' altresì vero che per l'essenza stessa dell'agire umano nessun tipo di analisi proattiva può portare all'eliminazione totale degli errori, ma eventualmente alla loro riduzione di numero ed entità.

Il secondo limite è legato alla modalità di raccolta dei dati che spesso necessariamente tendono ad essere serie di numeri invece che di storie, limitando la possibilità di analisi e di comprensione delle cause profonde, strutturali o ambientali, che hanno portato all'errore (WHO, 2005). Esistono poi dei bias cognitivi legati all'approccio retrospettivo: hindsight bias e outcome bias (Vincent, 2011).

Hindsight bias (bias del senno di poi)

Il bias è legato al fatto che a posteriori le persone ingigantiscono ciò che sapevano prima che si verificasse l'evento. Vista a posteriori, la situazione realmente affrontata dal professionista risulta inevitabilmente estremamente semplificata. Non si possono cogliere le diverse sfumature che hanno portato a una scelta né le condizioni di lavoro (pressioni, distrazioni, un banale mal di testa o altro) del personale

Outcome bias

Il bias è legato al fatto che quando si riesamina un caso di errore che ha portato ad un esito (outcome) sfavorevole si è più propensi a criticare le procedure e a trovare errori che se si analizzasse un caso con esito favorevole. Il processo è legato al fatto che, nella pratica clinica in generale, e in Radioterapia in particolare, alcune scelte contengono dei rischi calcolati (ad esempio la scelta, comune, di effettuare i controlli pretrattamento specifici per il singolo paziente per metodiche IMRT non obbligatoriamente prima della prima seduta, ma nel corso della prima settimana di terapia). Essendo l'esito delle scelte noto, chi effettua l'analisi retrospettiva tende ad aumentare l'entità del rischio, rispetto alle conoscenze effettivamente a disposizione all'atto della scelta.

3.3. Metodiche di analisi reattiva

Gli approcci reattivi possono essere vari. La Commissione Tecnica del Rischio del Ministero della Salute ha così definito quelli maggiormente utilizzati (Commissione Tecnica sul Rischio Clinico, 2004)

        – incident reporting

        – utilizzo dei dati amministrativi

        – indizi

        – review

        – Root Causes Analysis

Nella presente sezione verranno definiti brevemente tutti gli approcci, le successive due sezioni saranno dedicate all'incident reporting e all'analisi delle cause profonde (Root Causes Analysis – RCA).

Incident reporting

E' la raccolta volontaria di schede anonime per le segnalazioni di eventi avversi. Attraverso le schede di segnalazione degli errori e dei “quasi errori” (near misses) si possono ottenere informazioni utili per impedire che l'evento avverso si ripeta.

Utilizzo dei dati amministrativi e informativi

Questa tecnica prevede l'uso dei database amministrativi per la valutazione della qualità di una struttura e pertanto per l'individuazione di anomalie. Il principale svantaggio della tecnica è l'uso di dati di limitata qualità, per quanto detto in precedenza sull'importanza di avere informazioni non prettamente numeriche, e la criticità legata alla modalità di analisi di dati ed estrapolazione dei risultati nonché alla loro interpretazione.

Indizi

Una metodica di individuazione degli errori nel corso del percorso assistenziale prevede la revisione delle cartelle e della documentazione clinica alla ricerca di indizi che mettano in evidenza l'esistenza di un evento avverso o di un errore.

La ricerca per essere effettivamente efficace ed estensiva deve poter prevedere sistemi informatici di rilevazione e segnalazione dei casi in cui siano presenti alcune condizioni predefinite, ma non standard. Ad esempio l'aggiunta di esami di laboratorio o la modifica importante di dosaggi nei farmaci.

Solo la successiva analisi di esperti può valutare l'effettiva presenza di un evento avverso o il riscontro di una normale complicanza.

Review

Tutti gli studi che vogliano affrontare in modo retrospettivo gli errori in medicina devono prevedere necessariamente la revisione della documentazione sanitaria. La metodologia di revisione cui si riferisce in questo contesto è però una tecnica di revisione pianificata da parte di esperti della documentazione clinica che su basi statistiche rivaluta periodicamente la documentazione clinica alla ricerca di anomalie che indichino la presenza di errori.

Le fasi di quest'approccio possono essere divise in due:

        – individuazione del campione statistico che descriva la popolazione di riferimento

        – scelta stocastica delle cartelle cliniche da analizzare alla luce delle numerosità e                     caratteristiche del campione statistico di riferimento

Ovviamente il dimensionamento del campione di riferimento e soprattutto del campione delle cartelle analizzate deve essere compatibile con il valore di divergenza tra riferimento e situazione locale che si ritenga clinicamente rilevante. Una numerosità non adeguata può rendere impossibile ottenere differenze statisticamente significative anche in presenza di differenze clinicamente rilevanti.

Root Causes Analysis

A differenza delle metodiche descritte in precedenza le RCA sono analisi che partono da errori riscontrati e che quindi ne ricercano le cause mediante un sistema induttivo di analisi. Lo scopo dell'analisi è quindi di individuare in profondità le cause che hanno comportato un evento avverso cercando di evidenziare i punti critici organizzativi e di processo. Ovviamente nel corso dell'analisi emergono anche le problematiche connesse alla performance dei professionisti coinvolti.

  1.  Sistemi di reporting

Il sistema di reporting è una componente essenziale del programma per la sicurezza del paziente. È una procedura strutturata per la raccolta di informazioni relative al verificarsi di eventi avversi e/o di quasi eventi (near miss). Lo scopo è di disporre di informazioni sulla natura degli eventi e sulle relative cause per poter apprendere ed intervenire con le appropriate misure preventive e, più in generale, per diffondere le conoscenze e favorire la ricerca specifica nelle aree a maggior criticità.

Per quanto riguarda i contenuti, il sistema può essere (Vincent, 2011):

        – aperto: raccoglie qualunque tipo di dato relativo ad eventi avversi o quasi eventi, riferiti a

           tutta la gamma delle prestazioni

        – predefinito: raccoglie dati relativi ad una lista definita di eventi (ad esempio, eventi

           sentinella) o ad un'area specifica (ad esempio, farmaci).

In merito ai contenuti risulta poi opportuno che venga definita dalla comunità di scientifica di riferimento, in questo caso Radioterapia e Fisica Medica, una codificazione della terminologia e della classificazione dei processi e delle modalità di reporting, in analogia a quanto già in essere per la descrizione dei trattamenti dal punto di vista dosimetrico con i report dell'ICRU (International Commision on Radiation Unit and Measurements) (Dunscombe, 2008)

Per quanto riguarda la modalità di segnalazione, essa può avvenire tramite formato prefissato o testo libero, inviato con mail, telefono, invio elettronico o su un web, mettendo in atto le opportune forme di tutela della riservatezza della segnalazione.

Per quanto riguarda poi l'effetto della segnalazione si possono distinguere due categorie: sistemi “accountability” e sistemi di non punibilità

I sistemi accountability si basano sul principio della responsabilità, sono obbligatori e spesso si limitano ad una lista di eventi predefinita, ad esempio gli eventi sentinella.

La maggioranza dei sistemi “accountability” utilizza meccanismi disincentivanti quali citazioni, multe, sanzioni. L’efficacia di questi sistemi dipende dalla capacità di indurre le organizzazioni a segnalare ed intervenire con le misure conseguenti.

Questi sistemi possono anche essere considerati “learning” se le informazioni ricevute vengono analizzate con trasparenza e le azioni intraprese diffuse a tutti gli operatori. I sistemi basati sulla non punibilità, come quello in essere negli Stati Uniti per la Radioterapia, puntano su questo aspetto per ottenere il massimo delle informazioni possibili e quindi aumentare la capacità di apprendimento conseguente ad un incidente.

Questi sistemi si muovono proprio sulla falsariga di quanto proposto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, vedi tabella 1 (WHO, 2005).

L'appendice 1 riporta la check list della Organizzazione Mondiale della Sanità per la creazione di un sistema di reporting (WHO, 2005)

Tabella 1 Caratteristica di un sistema di reporting efficace (WHO, 2005)

Non punitiva

Chi effettua la segnalazione non ha timore di rivalse su se stesso o di punizioni di altri come effetto del report

Confidenziale

Le identità di pazienti, segnalatore e istituto coinvolti non sono mai rivelate

Indipendente

Il sistema è indipendente da alcuna autorità con potere di punire il segnalatore o l'organizzazione

Analisi di esperti

Le segnalazioni sono valutate da esperti che sono in grado di comprendere le circostanze cliniche e sono addestrati a riconoscere cause di sistema di base

Tempestiva

Le segnalazioni sono analizzate immediatamente ed eventuali raccomandazioni sono disseminate rapidamente tra coloro cui è utile, in particolar modo nel caso di danni o rischi gravi

Orientata al sistema

Le raccomandazioni sono focalizzate su modifiche ai sistemi, processi o prodotti piuttosto che essere dirette agli individui

Responsiva

L'organo che riceve le segnalazioni è in grado di disseminare le raccomandazioni. Le organizzazioni che partecipano si impegnano a produrre raccomandazioni ogniqualvolta possibile

3.5.  Root causes analysis: analisi delle cause profonde

La RCA è un’analisi dettagliata degli eventi avversi che include l’identificazione dei fattori profondi e contribuenti, la determinazione delle strategie di riduzione del rischio, lo sviluppo di un piano di azione di miglioramento e successivi sistemi di misurazione per valutarne l’efficacia. La RCA è costruita sulla premessa che vi sono molti soggetti coinvolti e che tutti giocano un ruolo nel miglioramento del sistema, pertanto essa richiede un approccio multidimensionale, multi disciplinare e basato su un clima di collaborazione.

“Questo processo richiede una decisione dichiarata della Direzione strategica aziendale di effettuare l’analisi e di porre in atto tutte le attività di cambiamento proposte, mettendo a disposizione le necessarie risorse.

L’implementazione a livello locale della RCA necessita, pertanto, di un esplicito impegno da parte dell’azienda nel definire e condividere politiche di gestione della qualità e della sicurezza dei pazienti, anche nell’ottica di superare la cultura della colpa.” (Ministero della Salute, 2009)

La RCA può essere applicata in qualsiasi contesto organizzativo.

Il documento del Ministero della Salute (Ministero della Salute, 2009) definisce tuttavia a quali eventi non è opportuno applicare questa tecnica di analisi:

        – eventi risultanti da un atto criminale

        – eventi dovuti ad azioni commesse volontariamente per provocare danno

        – eventi correlati all’abuso di droghe e/o alcol da parte degli operatori

Le RCA sono dunque analisi volte a cercare in modo induttivo le cause degli errori riscontrati con un processo che scandagli in profondità i processi mediante domande che esplorino il perché di ogni azione e di ogni sua possibile deviazione.

Per una dettagliata descrizione delle modalità di organizzazione ed esecuzione delle metodiche RCA si rimanda al citato documento del ministero della Salute (Ministero della Salute, 2009). Il seguito della sezione si limiterà a tratteggiare alcuni aspetti salienti trattati nel documento.

Dal momento che le RCA sono tecniche molto onerose in termini di tempo e coinvolgimento di personale qualificato è necessario preliminarmente effettuare una valutazione di priorità. Esistono diverse possibilità per la classificazione:

        –    metodo di Regina Qu'appelle Health Region

Regina Qu’Appelle Health Region

Questo metodo classifica gli incidenti in quattro classi. Alcuni eventi che ricadono in classe 3 e tutti quelli della classe 4 vengono sottoposti a Root Cause Analysis.

Classe 1: Non vi sono danni noti /senza rilevanza clinica

Classe 2: Danni minori che si risolvono spontaneamente, che richiedono una assistenza di base o un

            breve monitoraggio

Classe 3: Danno che si risolve con un intervento sanitario o evento potenzialmente pericoloso .

            Vengono inclusi anche smarrimento che richiede intervento delle forze dell’ordine,

            paziente che si allontana senza permesso, violazione della privacy, perdita di

            documentazione clinica, atto di autolesionismo (tentato suicidio) durante la permanenza

            in una struttura sanitaria

Classe 4: Danno irreversibile o morte

Sistema  del NPSA con albero decisionale basato sul modello Reason

L’albero decisionale (Incident Decision Tree) è stato sviluppato dal National Patient Safety Agency (NPSA)   http://www.npsa.nhs.uk/nrls/improvingpatientsafety/patient-safety-toolsandguidance/ incidentdecisiontree

Questo strumento consente di stabilire se la causa di un incidente sia organizzativa o di sistema, evitando l'immediata colpevolizzazione del singolo operatore e indicando la necessità di un approfondimento delle problematiche da effettuare con la Root Cause Analysis.

Basato su un diagramma di flusso (flow-chart) l’albero decisionale esplora, attraverso una serie strutturata di quesiti, le azioni individuali, le motivazioni e i comportamenti al momento dell’evento avverso.

In particolare il diagramma contiene 4 capisaldi di analisi:

        – intenzionalità

        – stato fisico e mentale

        – consapevolezza

        – interscambiabilità dei ruoli. Un altro operatore si sarebbe comportato allo stesso modo?

Metodo del VA National Center for Patient Safety

Questo metodo utilizza una matrice per la valutazione delle priorità con due variabili, la probabilità in ordine di frequenza e la gravità del danno conseguente all’evento (tabella 2).

Tabella 2 Classificazione delle priorità secondo VA national Center for Patient Safety

Probabilità

Gravità

catastrofico

maggiore

moderato

minore

Frequente

3

3

2

1

occasionale

3

2

2

1

raro

3

2

2

1

remoto

3

2

1

1

Una volta scelto di effettuare la RCA si deve predisporre il gruppo di lavoro, vedi tabella 3, ed è possibile iniziare l'analisi vera e propria.

Anzitutto va effettuata una definizione della sequenza temporale. A tale scopo possono essere usati diversi schemi:

        – cronologia narrativa o descrizione cronologica: esposizione, come testo libero, di ciò che

           accaduto, in ordine di data e orario

        – linee del tempo: descrizione cronologica schematica degli eventi nel tempo

        – tabelle del tempo o sequenza temporale descrittiva: questo strumento permette di                      registrare, mantenendo l’ordine cronologico degli eventi, anche elementi supplementari, di            buona pratica o di criticità del processo

        – diagramma di flusso: è uno strumento che, nelle diverse fasi, permette di arricchire la

           spiegazione iniziale dell’evento con altre informazioni e di focalizzare l’attenzione su                    azioni e/o fatti determinanti ai fini dell’accadimento dell’evento stesso

L'appendice 2 presenta un esempio di diagramma di flusso nelle tre fasi, iniziale, intermedia e finale in cui vengono riportate le diverse cause che hanno contribuito all'evento.

Tabella 3 Organizzazione del gruppo RCA

Ruoli/ Responsabilità

Componenti del gruppo di lavoro

Facilitatore

Coordinatore /leader

Operatori coinvolti nell’evento

Altro pers. ed esperti; spec. compet. settoriali

Direzione

Conoscenza metodi RCA

Esperto in RCA

Conoscenza base metodo

Non necessario

Non necessario

Non necessario

Conoscenza settore sottoposto a RCA

Non necessario

Si

Si

Si

Non necessario

Coinvolgimento diretto nell’evento

No

Non necessario

Si

No

No

Potere decisionale sulle soluzioni da intraprendere

No

Parziale

No

No

Si

Adesione ai principi confidenzialità

Si

Si

Si

Si

Si

A questo punto è necessario procedere alla identificazione dei fattori contribuenti e delle cause profonde. L’attenzione è concentrata sulle inefficienze del sistema che potrebbero aver contribuito all’evento avverso. Infatti solo la corretta identificazione delle cause profonde, oltre quindi quelle che appaiono superficialmente, permette di produrre raccomandazioni utili a ridurre la probabilità di ricorrenza dell’evento avverso.

Fondamentale è la comprensione di come i vari fattori si siano correlati e la conseguente analisi per intervenire sul sistema eliminando le cause latenti.

Strumenti utili a tale scopo sono i diagrammi di causa ed effetto.

I più utilizzati sono:

        – diagramma a spina di pesce o di Hishikawa (figura 2)

        – diagramma ad albero (figura 3)

Il diagramma ad albero è costituito da una serie di blocchi che rappresentano lo stato del sistema al momento dell’incidente.

        Figura 2 Diagramma di Hishikawa (da Ministero della Salute, 2009)

Ogni blocco rappresenta un’azione o una condizione del sistema e il diagramma viene costruito posizionando i blocchi/azione in ordine gerarchico, tra loro correlati da rapporti causa effetto Il diagramma ad albero permette di spostare l'attenzione da ciò che è accaduto all'analisi profonda del perché è accaduto, favorendo l'analisi delle mancanze del sistema senza mascherarle con gli errori individuali. La figura 4 riporta un esempio di diagramma ad albero.

La fase di identificazione delle cause profonde e la loro relazione reciproca è quella in cui maggiormente è necessario il confronto tra esperti del settore, in grado di comprendere l'evoluzione clinica dell'evento ed esperti di RCA che posseggono gli strumenti metodologici e di conoscenza e per l'analisi di sistemi causali complessi.

Una serie di diversi approcci specifici, dalla tecnica dei 5 perché al brainstorming, dall'analisi delle barriere alla tecnica del cambiamento, permettono di analizzare in profondità il problema evidenziando criticità che una semplice revisione di esperti potrebbe tralasciare.

Figura 3 Diagramma ad albero (da Ministero della Salute, 2009)

Risultato della RCA è la definizione degli interventi di miglioramento che possono avere diversi gradi di impatto sul sistema e in quanto tali sono classificati come

        – Azioni forti: come modifiche strutturali, nuovi presidi e/o tecnologie mediche,funzioni

           forzate, semplificazione dei processi con abolizione delle fasi inutili, standardizzazione di

           attrezzature, processi e profili di cura

        – Azioni intermedie: come aumento del numero di operatori/diminuzione dei turni di lavoro,

           miglioramento o modifiche dei software, eliminazione o riduzione delle distrazioni,

           introduzione di check list/sussidi cognitivi, miglioramento della

           documentazione/comunicazione

        – Azioni deboli: come doppio controllo, avvisi, nuove procedure/memorandum/politiche,

           formazione e addestramento

Il successo della RCA dipende dalle risposte dell'organizzazione alle raccomandazioni prodotte.

L’obiettivo dell’introduzione di cambiamenti nel sistema è di rendere questo più sicuro, pertanto è necessario misurare l’efficacia delle azioni di miglioramento applicate per verificare che abbiano gli effetti desiderati.


Figura 4 Diagramma ad albero dell'incidente di New York (ICRP 112, 2009, da www.patient-safety-blog.com)


3.6.  Audit clinico

Il processo di Audit prevede una verifica dei risultati o delle procedure di un sistema e il confronto con canoni considerati corretti.

Esistono tre tipi di Audit distinguibili per alcune caratteristiche, vedi tabella 4.

Tabella 4: tipologie di Audit

Contenuti professionali

Revisione tra pari

Sistematicità

Audit di sistema

No

No

Si

Audit occasionale

Si

Si

No

Audit Clinico

Si

Si

Si

L’Audit Clinico è un processo di miglioramento continuo della qualità che ha come scopo il migliorare la gestione e la cura del paziente tramite una revisione sistematica delle modalità di lavoro confrontandole con criteri espliciti. Quando sono opportuni dei cambiamenti a livello individuale, di gruppo o di struttura successivi momenti di monitoraggio sono utilizzati per confermare l’effettivo miglioramento della prestazione sanitaria (HQIP, 2009)

Nell'ambito della sicurezza l’Audit consente di (Ministero della Salute, 2011):

L'Audit è un processo ciclico che si sviluppa in una serie di fasi:

La metodologia dell’Audit clinico deve essere documentata sia nella fase di predisposizione che di effettiva attuazione.

Cruciale per il successo dell'analisi è, anche in questo caso, che il campione usato per la valutazione sia appropriato, in qualità e quantità per generare risultati che abbiano significato. Inoltre il processo di raccolta dati deve essere robusto.

Per comprendere l'utilità dell'Audit clinico nell'ambito della sicurezza si consideri l'esempio dell'inchiesta conseguente l'incidente di Epinal (ICRP 112).

L'inchiesta conseguente l'incidente ha evidenziato un ulteriore problema legato all'introduzione del  protocollo IGRT per trattamento prostata, per cui a seguito dell'aggiunta di due immagini portali eseguite quotidianamente prima della terapia, circa 400 persone hanno ricevuto un sovradosaggio di circa l'8% poiché la dose dovuta all'imaging non venne considerata nelle valutazioni pretrattamento.

Nessuna ispezione di sistema avrebbe potuto rilevare questa non conformità ed essendo la differenza di dose clinicamente significativa, ma non a livelli di rischio tale da permettere agli operatori di evidenziarla immediatamente, solo una analisi delle tossicità avrebbe eventualmente potuto consentire la sua identificazione.

Una sinergia che nasca da un Audit clinico sistematico (esterno e no) permette di aumentare la capacità dell’intero sistema di affrontare la tumultuosa spinta all’innovazione che talora caratterizza la Radioterapia.

Il ciclo dell'Audit diventa virtuoso solo nei termini in cui viene vissuto positivamente dagli operatori che devono essere coinvolti in modo sistematico e non deve essere percepito come un aggravio, ma come parte fondamentale del processo di lavoro e quindi deve essere sostenuto dalla direzione aziendale.

L'Audit è ancora più importante in una realtà, come quella italiana, che vede una disseminazione dei centri di Radioterapia con dotazione di apparecchiature e personale molto variabile.

L'Audit può essere quindi uno strumento molto potente ed efficace, ma la sua utilità come strumento diffuso di miglioramento della pratica clinica è discusso, tanto che in una recente review della organizzazione Cochrane viene concluso che:

“Audit and feed back can improve professional practice, but the effects are variable. When it is effective the effects are generally small to moderate.The result of this review do not support mandatory or unevaluated use of audit and feedback as an intervention to change practice” (Jamtvedt, 2010).

Appendice 1

World Health Organization checklist per lo sviluppo di un sistema di report (WHO, 2005)

1. Chiarire gli obbiettivi

2. Che tipo di apprendimento è prioritario?

3. Volontarie o obbligatorie?

4. Confidenziali o di pubblico dominio?

5. Qual è il processo del sistema di segnalazione?

6. Le informazioni confidenziali e di privacy sono tenute in modo sicuro?

7. Qual è l'infrastruttura delle informazioni?

8. Qual è l'approccio alla classificazione?

9. Qual è l'approccio all'analisi?

10. Come saranno generate e disseminate le risposte?

11. Ci sono risorse sufficienti?

Appendice 2

Esempio di diagramma di flusso per RCA, metodo del VA National Center for Payient Safety

Evento avverso “sentinella”: Una paziente in terapia per un tumore del retto invece di terminare quando programmato il trattamento prosegue per ulteriori 2 sedute fino a che non ci si accorge dell’errore e si interrompe il trattamento

Diagramma iniziale

Passo

Azione

1

La paziente viene accettata dal reparto a seguito di prima visita e viene programmato un trattamento in due fasi (1,8 Gy/fr x 25fr) + (1,8 Gy/fr x 3fr)

2

La paziente viene centrata alla TC 60 giorni dopo la visita

3

Vengono elaborati due piani concorren : 1 programmato sui 2 tempi 1 SIB (1,8Gy e 2 Gy x 25 fr)

4

Viene scelto il piano SIB, viene corretta la cartellina. Viene aggiornata la cartella clinica

5

Dopo le prime 4 sedute viene applicato approccio ART e si elabora nuovo piano con 21 sedute. La paziente prosegue le terapie

6

Non viene programmata, come invece previsto, la visita di chiusura per l’ultimo o il penultimo giorno di terapia

7

La paziente si presenta per la 26° seduta. I tecnici si accorgono che il sistema di controllo dà il trattamento completato. Il medico ritiene che sia un errore nel calcolo e forza il sistema

8

Viene eseguita la 26° e la 27° seduta

9

Il Medico al terzo giorno chiede spiegazioni al collega e al Fisico. Emerge l’errore

Diagramma intermedio o dei perché

Passo

Domande

1

/

2

Perché dopo tanti giorni?

3

Perché a fronte di una prescrizione univoca?

4

Perché non viene redatta una nuova cartellina?

5

/

6

Perché?

7

Perché?

8

Perché?

9

Perché?

Diagramma finale

Passo

Domande

1

/

2

Il centro non è dotato di personale TSRM per fare doppio turno, o in alternativa di più acceleratori

3

Nel tempo intercorso tra programma terapeutico ed esecuzione piano di cura, è stata introdotta la tecnica IMRT che consente SIB. La prescrizione secondo il nuovo standard dipende dalla tollerabilità (dose agli organi sani) della SIB

4

Perché non viene redatta una nuova cartellina? Per risparmiare carta e volume di materiale prodotto, si preferisce correggere a mano sulle cartelline (che sono ancora utilizzate per  tracciabilità delle firme)

5

/

6

I TSRM non accedono alla cartella clinica informatica, dalla cartellina (corretta a mano) non hanno compreso il cambio di programma

7

Il medico non è usualmente ai controlli sull’acceleratore, ma sostituisce collega in ferie quel giorno, non nota che è stato elaborato un piano ART (che viene segnalato in cartella clinica, ma non sulla cartellina di terapia in cui viene messo uno scritto in cartellina) e ritiene che le 21 sedute previste siano un errore. Il Fisico è in ferie quel giorno e non vi sono sostituti. La paziente è già sul lettino

8

Non emergono problematiche nell'effettuare i trattamenti

9

Il fisico e il medico firmatario rientrano dalle ferie, facendo il punto, emerge il problema occorso

Bibliografia

-      McIntyre N. e Popper K. The critical attitude in medicine: the need for a new ethics. BMJ 1983; 287: 1919-23

-      WHO draft guidelines for adverse event reporting and learning systems 2005

-      Vincent C. Patient safety. Edizione Italiana A cura di: R. Tartaglia, T. Bellandi, S. Albolin Edizione Springer  

       Verlag, Italia, 2011.

-      Commissione Tecnica sul Rischio Clinico- Ministero della salute. Risk management in sanità. Il problema degli

        errori. 2004

       Analysis.

        IJROBP 2008; 71: S200–3

-      Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Dipartimento della qualità.  Direzione Generale della

        programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema. Ufficio III. Metodi di

        analisi per la gestione del rischio clinico. Root Cause Analysis – RCA. Analisi delle cause profonde. 2009

-      ICRP pub. 112. Preventing accidential exposures from new external beam radiation Therapy technologies.

        Annals of ICRP 2009; 3, 4: 1-86

-      Healthcare Quality Improvement Partnership (HQIP)Criteria and indicators of best practice in clinical audit. 

        2009. Scaricabile dal sito corrispondente

-      Ministero della Salute. Dipartimento della qualità.  Direzione Generale della programmazione sanitaria, dei livelli

       essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema. Ufficio III. L'audit clinico. 2011

-      Fervers B, Burges JS, Haugh MC et al. Adaptation of clinical guidelines: literature review and proposition for a

       framewok and procedure. Int J Qual Health Care 2006; 18: 167-76

-      Jamtvedt G, Young JM, Kristoffersen DT, O'Brien  MA, Oxman AD. Audit and feedback effects on professional

       practice and health care outcomes (Review) 2010; The Cochrane Library, issue 7.

Sitografia

www.thecochranelibrary.com

www.salute.gov.it/qualita

www.va.gov

http://www.npsa.nhs.uk/nrls/improvingpatientsafety/patient-safety-tools-andguidance/incidentdecisiontree


4. Lo stato dell’arte in Italia

In tutto il mondo, in particolare negli USA, sono da tempo consolidate molte iniziative di risk management per la riduzione del rischio in sanità in generale, e in radioterapia in particolare. Per citare solo alcuni esempi, la “Joint Commission of Health Care” che si occupa, tra l’altro, del miglioramento dell’efficacia nella comunicazione tra operatori e nel miglioramento dell’accuratezza nell’identificazione del paziente, la “Stakeholders position paer on patient safety”, un’organizzazione dedicata al miglioramento della qualità del sistema sanitario in Europa e a cui aderiscono 20 Paesi tra i quali l’Italia,  e la “World alliance for patient safety” creata nel 2004 nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In molti Paesi sono sorte iniziative volte alla promozione della sicurezza grazie a sistemi di sorveglianza, pubblicazione di raccomandazioni  e iniziative di formazione: “National Patient Safety Agency” in Gran Bretagna,  “Center for Quality Improvement and Patient Safety” negli Stati Uniti,  “Danish Society for Patient Safety” e “Australian Council for Safety and Quality in Health Care”.

Sono stati pubblicati anche una serie di studi incentrati sul problema degli errori, i più famosi dei quali sono ”Harvard medical practice study”, “The quality in Australian health care study”, “The Canadian adverse events study: The incidence of adverse events among hospital patients” in Canada, e il Neozelandese ”Hospitals for Europe’s working party on quality care in hospitals’ ”.

In Italia  l’interesse al problema della gestione del rischio ha origini più recenti: l’iniziativa che ha promosso maggiormente la cultura della sicurezza è stata la pubblicazione del Decreto Legislativo 626 del 1994, introdotto per regolamentare la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il decreto, che superò alcune leggi precedenti, risalenti agli Anni ’50, ma fu il primo a  dare una forma organica alle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, è confluito nel 2008 nel Decreto Legislativo 81, il cosiddetto Testo Unico Sicurezza Lavoro, a sua volta successivamente integrato dal Decreto Legislativo 106 del 3 agosto 2009 recante disposizioni integrative e correttive.

Con il contratto collettivo nazionale dei dirigenti medici del 2000, si incomincia a prendere in considerazione la responsabilità degli operatori sanitari nell’esercizio della professione, mentre nel successivo contratto del 2005 si prevede che nelle aziende sanitarie  si costituiscano strutture per la gestione del rischio al fine di ridurre i rischi di errore.

Il Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 identifica il rischio clinico come uno degli obiettivi principali per lo sviluppo della qualità del Servizio Sanitario Nazionale; il successivo Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 individua il tema del rischio clinico e della sicurezza dei pazienti quale componente essenziale dell'assistenza sanitaria e prevede cha vengano messe in atto strategie proattive e multidisciplinari di gestione del rischio clinico, insieme a sistemi di monitoraggio e iniziative di formazione degli operatori, per tutelare la sicurezza del paziente e degli operatori.

Nel 2003, con il Decreto Ministeriale del 5 marzo, è stata istituita una Commissione tecnica che ha svolto una prima indagine per rilevare lo stato di attuazione del sistema di gestione del rischio clinico nelle Aziende Sanitarie e ha prodotto un glossario con le definizioni  dei principali termini di Risk Management e il documento “Risk Management in sanità. Il problema degli errori”. Il documento prevede, tra l’altro, che vengano realizzati sistemi di rivelazione e segnalazione degli errori e dei “near misses” e un database nazionale per la raccolta dei dati relativi alla sicurezza dei pazienti.

Nel 2005, con il Decreto Legislativo del 14 maggio, è stato istituito il gruppo di lavoro per il Rischio Clinico con lo scopo di valutare  gli approcci metodologici relativi al rischio clinico e la possibilità di definire un sistema di monitoraggio gli eventi avversi.

Nel 2006, con il Decreto Legislativo del 20 febbraio, è stato istituito il gruppo di lavoro per la Sicurezza dei pazienti, che ha continuato ed approfondito le attività dei precedenti gruppi di lavoro
Nel 2007 con il Decreto Legislativo del 10 gennaio si ha  l’Attivazione del Sistema Nazionale di Riferimento per la Sicurezza dei Pazienti.

Nel periodo gennaio 2005 - giugno 2007 è stato realizzato il progetto di ricerca, finanziato dal Ministero della Salute ex-art. 12 del decreto legislativo n. 502 del 1992, dal titolo “La promozione dell’innovazione e la gestione del rischio”, con lo scopo di analizzare le iniziative di Risk Management presenti a livello internazionale  e nazionale. La tabella riassuntiva delle iniziative italiane,  riportata nella tesi di dottorato “Il Risk Management nelle Aziende Sanitarie” (4), è riportata di seguito.

schema tesi.bmp

ove con R si intende “ambito regionale”  e con A “ambito aziendale” .

Nel 2009, con il Decreto Legislativo dell’11 dicembre, viene istituito il Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità (SIMES), che prevede l'attivazione di tre livelli di intervento:

Le strutture organizzative coinvolte nel processo di rilevazione e nell'utilizzo del Sistema Informativo SIMES appartengono a tutti i livelli del Sistema Sanitario Nazionale: Ministero della Salute, Regioni e Province autonome, ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici, IRCCS. 

In Italia le prime attività per il monitoraggio degli errori in sanità sono state introdotte grazie al sistema di gestione per la qualità che, utilizzando lo strumento delle non conformità, prevede la raccolta, il controllo  degli eventi avversi e la successiva implementazione di azioni di miglioramento.

La Joint Commission, nata negli Stati Uniti e diventata uno tra i più grandi enti al mondo di accreditamento, che definisce gli standard per l’accreditamento degli ospedali, nel 2001 ha inserito nel suo manuale alcuni requisiti che sostanzialmente costituiscono gli step della FMEA applicati alle attività sanitarie. Ciò ha dato ulteriore impulso ad approfondire l’argomento del rischio sanitario; molti ospedali italiani hanno così cominciato ad effettuare, iniziando dai contesti assistenziali più critici, un’analisi pro-attiva dell’identificazione dei rischi e a promuovere conseguentemente azioni di miglioramento per la correzione e/o per la riduzione del rischio.

Le aree principalmente indagate, in quanto riconosciute come a maggior rischio, sono il pronto soccorso, la chirurgia, la terapia intensiva e la ginecologia;  iniziative analoghe nell’ambito della radioterapia si contano  ancora sulle dita della mano.

Nel campo specifico della radioterapia oltre alla implementazione e alla realizzazione di un programma di assicurazione della qualità adeguato, il controllo del rischio non può essere basato solamente sul reporting di incidenti e sull’apprendimento conseguente alla loro analisi ma è importante l’uso di metodiche di analisi e valutazione preventiva del rischio incidenti conseguenti all’utilizzo di nuove tecniche di radioterapia.

Lo scenario italiano già presenta alcuni studi condotti da gruppi interdisciplinari di esperti. Ricordiamo uno studio dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e del Politecnico di Milano (1), che ha applicato in modo sistematico al processo radioterapico le procedure FMECA (Failure Mode Effects and Criticality Analysis) con il risultato di identificare e pianificare azioni correttive  e di integrare gli indicatori tradizionali misurati per l’assicurazione di qualità con una serie di indici di sicurezza del processo. L’approccio prospettico per la stima del  rischio in radioterapia intraoperatoria (IORT) (2,3) è stato applicato da un gruppo di ricercatori e di esperti dell’Università di Milano, dell’INFN, dell’Istituto Europeo di Oncologia e del Centro Nazionale per l’Adroterpia Oncologica di Pavia. La IORT presenta infatti un aspetto particolarmente critico nei confronti della sicurezza legato alla somministrazione della dose in una sola frazione, pertanto senza possibilità di recupero o compensazione possibile nei trattamenti con più frazioni. Lo scopo dello studio è stato l’applicazione  dell’approccio FMEA  (Failure Mode and Effects Analysis) alla IORT: partendo dalla definizione dell’albero dei processi e degli errori potenziali e assegnando un punteggio a questi ultimi, si è determinato il valore del RPN (Risk Probability Number), da cui sono infine state individuate e suggerite misure di sicurezza addizionali per migliorare il processo nei punti più deboli dal punto di vista della sicurezza.

Al fine  di conoscere meglio la situazione italiana ed il coinvolgimento dei fisici medici nelle attività di valutazione del rischio, in particolare con approcci di tipo prospettico e nell’ambito dell’applicazione delle tecniche avanzate in radioterapia, l’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) ha promosso una  indagine, attraverso la compilazione di un breve questionario di quattro domande, tra i soci coinvolti in attività di fisica medica per la radioterapia. La richiesta di informazioni è stata inoltrata ai soci AIFM con una prima comunicazione del gennaio 2011 ed un successivo sollecito del mese di aprile:  le poche risposte ricevute “fotografano” quindi la situazione italiana del 2011.  

Le domande vertevano a conoscere: 1) il grado di coinvolgimento dei fisici medici da parte delle unità preposte al risk management nelle aziende sanitarie, negli ospedali, negli istituti a carattere scientifico, nei policlinici universitari,  2) l’esistenza di modalità di registrazione degli eventi avversi in radioterapia, 3) l’esistenza di modalità di raccolta dei near misses in radioterapia, 4) l’esistenza di attività di analisi del rischio,  mirate alla radioterapia, di tipo preventivo.

Solo 39 centri in tutta Italia hanno risposto al questionario proposto: 23 dal nord, 10 dal centro, 3 dal sud e 3 dalle isole. Nonostante la scarsità di dati, dalle risposte ricevute è possibile farsi un’idea indicativa della situazione italiana. I risultati dell’indagine, estrapolati dalle risposte dei fisici medici che hanno partecipato al sondaggio, sono raccolti in grafici suddivisi per aree geografiche: nord, centro, sud e isole.

1) Prima domanda: “La struttura preposta al risk management della tua azienda ospedaliera coinvolge attivamente i fisici?       In quale forma ?”

       

L’area grigia rappresenta la percentuale, sul totale dei dati raccolti,  dei fisici medici non coinvolti nell’attività di risk management dalla propria azienda ospedaliera: risulta quindi che più della metà  dei fisici risulta esclusa da questa attività. La maggior parte di quelli coinvolti lavora in una struttura del Nord, mentre nel resto d’Italia la partecipazione è molto scarsa.

2) Seconda domanda: “Sei a conoscenza di una modalità (schema, modulo, procedura) che

viene seguita nella tua Azienda Ospedaliera (A.O.) per l' incident reporting in radioterapia (RT)? ”

L’area grigia rappresenta la percentuale degli Ospedali italiani, sul totale di quelli che hanno partecipato all’indagine,  in cui non esiste una  modalità di raccolta di incident reporting; anche qui, circa la metà dei centri italiani non ha predisposto strumenti per la raccolta della documentazione riguardante gli eventuali incidenti avvenuti in radioterapia. La maggior parte degli Ospedali in cui è stata predisposta una raccolta dati in questo senso si trova al Nord, la restante parte al Centro, mentre nel Sud Italia e nelle isole non risulta esistere nessuna modalità di archiviazione riguardante l’incident reporting.

       

3) Terza domanda: “Sei a conoscenza di una modalità di raccolta, analisi e valutazione che viene utilizzato nella tua Azienda Ospedaliera (A.O.) per near misses in radioterapia RT?”

       

L’area grigia rappresenta la percentuale degli Ospedali italiani, sul totale di quelli che hanno partecipato all’indagine,  in cui non esiste una  modalità di raccolta dati per near misses in radioterapia. La situazione è molto simile a quella precedente: poco più della metà dei centri italiani non ha predisposto strumenti per la raccolta della documentazione riguardante eventuali near misses avvenuti in radioterapia. La maggior parte degli Ospedali in cui è stata predisposta una raccolta dati in questo senso si trova al Nord, la restante parte al Centro, mentre nel Sud Italia e nelle isole non risulta esistere nessuna modalità di archiviazione riguardante i near misses.

4) Quarta domanda: “Sei a conoscenza di altre eventuali attività di analisi del rischio in radioterapia (FMEA etc..) in atto nella tua Azienda Ospedaliera (A.O.) al di là dei normali controlli di qualità?”

             

L’area grigia rappresenta la percentuale degli Ospedali italiani, sul totale di quelli che hanno partecipato all’indagine,  in cui non è stata predisposta nessuna attività specifica per l’analisi prospettica del rischio in radioterapia. I risultati sono sconfortanti: quasi l’80% dei centri italiani non ha implementato nessuno strumento di tipo prospettico per analizzare e monitorare il rischio in radioterapia.

Appare evidente che  in Italia, al di là delle sporadiche esperienze condotte da esperti del settore e citate precedentemente, è ancora assai poco diffusa la cultura del risk management in generale ed è praticamente inesistente quella che utilizza un approccio prospettico; le attività  di monitoraggio del rischio attualmente esistenti sono state indotte principalmente dalla necessità di ottemperare ai requisiti richiesti per l’ottenimento della certificazione di qualità.

A conclusione di questa breve analisi, risulta evidente la necessità di sensibilizzare e di preparare gli operatori del settore alla cultura del risk management.

Bibliografia

1) Marta Scorsetti, Chiara Signori, Paola Lattuada, Gaetano Urso, Mario Bignardi, Pierina Navarria,

Simona Castiglioni, Pietro Mancosu, Paolo Trucco. Applying failure mode effects and criticality analysis in radiotherapy: Lessons learned and perspectives of enhancement. Radiotherapy and Oncology 94 (2010) 367–374

2) Cantone Marie Claire, Cattani Federica, Ciocca Mario, Molinelli Silvia, Pedroli Guido, Veronese Ivan, Vitolo Viviana, Orecchia Roberto. A study for the application of prospective approaches for safety assessment in new radiotherapy techniques.Proceedings of Third European IRPA Congress 2010 June 14−16, Helsinki, Finland

3) Mario Ciocca, Marie-Claire Cantone, Ivan Veronese, Federica Cattani, Guido Pedroli, Silvia Molinelli, Viviana Vitolo, and Roberto Orecchia. Application of failure mode and effects analysis to intraoperative radiation therapy using mobile electron linear accelerators. Int J R O B P (submitted)

4) “Il Risk Management nelle Aziende Sanitarie” tesi di dottorato in economia e management delle aziende e delle organizzazioni sanitarie, di Tiziana Simone (AA 2009-2010)

5) Rapporto finale del progetto IReR (Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia) “Risk management in sanità: strategie, modelli di attuazione, analisi comparata fra alcune regioni italiane e stati europei. L'integrazione con i sistemi di valutazione della qualità” (2008)


5. L’approccio prospettico: una strategia per ridurre il rischio di incidenti

  1. Un processo decisionale in presenza di incertezze

Vi è un generale consenso sul fatto che un approccio proattivo e trasparente alla sicurezza, rispetto ad un approccio sweep-under-the-rug,  sia non solo desiderabile, ma anche essenziale in tutte le aree che afferiscono alla salute, anche al di fuori della area medicina, ovvero in tutte quelle aree che possono comportare rischi per l’uomo e per l’ambiente.

Imparare dall’esperienza è importante per evitare la ripetizione di incidenti,  ma la varietà delle situazioni e la rapidità dell’evoluzione in ambito tecnologico rendono difficile la riduzione di incidenti sulla sola base dell’esperienza acquisita ed è di grande utilità considerare percorsi che aiutino ad anticipare quali possano essere le cause di futuri incidenti.

L’applicazione di un approccio prospettico si accompagna ad aspetti positivi quali: i) orienta i cambiamenti relativi a tecniche avanzate le quali di per sè possono contribuire ad aumentare o a diminuire rischi e costi associati, ii) contribuisce ad un bilanciamento fra benefici-rischi e costi associati alla specifica applicazione; iii) è in accordo con un processo decisionale di tipo evidence based decision making (EBDM), che viene ormai riconosciuto e applicato in molti settori; iv) ed è in linea con gli obiettivi di interesse per un ampia varietà di stakeholders, che include apparati governativi, gestore dell’attività e pubblico.

In figura viene mostrato il percorso dell’analisi decisionale, come descritto da Clemen1 nel 1996 sulla base di quanto sviluppato già negli anni 602, ovvero l’approccio standard in presenza di incertezza.

                             

Il processo inizia con l’identificazione del problema, che è sempre un punto difficile e importante, in quanto è evidentemente essenziale evitare di muoversi verso il problema sbagliato, prosegue poi con la definizione degli obiettivi, che includono ad esempio il minimizzare  costi o rischi. I rischi sono visti in relazione al tipo di attività trattata e si possono configurare come una perdita economica o un potenziale danno ad esempio per la salute o per l’ambiente. E’ durante questa fase che, in generale, emergono aspetti del problema che prima non erano stati presi in considerazione. Il terzo punto del processo riguarda la scomposizione del problema al fine di indicarne la struttura ed il livello di incertezza . Durante l’analisi di sensibilità vengono modificati aspetti del modello e valutati gli effetti che ne derivano e questo può portare a riconsiderare il problema e a cambiare la struttura. Il processo si articola in alcune interazioni fino ad arrivare ad una alternativa considerata soddisfacente, che viene proposta per l’applicazione.

5.2 L’utilità di un  approccio prospettico in RT

Considerando i rischi a seguito di un trattamento di RT, è da tenere sempre presente che il paziente sottoposto a RT acquisisce benefici da questo trattamento e che la probabilità di avere un danno accidentale a seguito di una procedura di RT  può essere considerata molto bassa. Nel contempo è necessario tener presente che, in relazione alle alte dosi che sono previste in RT, le conseguenze di un incidente, anche se raro, possono condurre ad esposizioni inappropriate con conseguenze potenzialmente molto serie per il singolo paziente e questo sia nel caso di un evento che comporti un sovradosaggio che un sottodosaggio.

Le lesson learned hanno messo in evidenza che gli incidenti  avvenuti, potevano essere riferiti a circostanze che si possono definire ed individuare come situazioni in cui punti critici per la sicurezza non sono stati adeguatamente considerati ed analizzati3. E’ importante imparare dagli incidenti avvenuti nel passato, ad esempio analizzando specifici casi per trovare le cause e i fattori che vi hanno contribuito ed è utile che le modalità di tale analisi sia parte anche della formazione e addestramento a livello di curricula.

L’approccio retrospettivo è di alto valore, ma intrinsecamente è limitato in quanto confinato sulle sole esperienze riportate e pertanto i rischi latenti non vengono considerati. Questo tipo di rischi può essere identificato attraverso un metodo proattivo che consenta di trovare “cosa può andare male” o “quali altri potenziali incidenti possono presentarsi” prima che si verifichino le circostanze che conducono all’incidente. Un approccio proattivo dovrebbe essere usato in particolare quando si applicano nuove tecnologie.

Bisogna  tener presente che il rapido sviluppo della tecnologia in RT, con la crescente complessità a livello di hardware e software per la pianificazione e il trattamento, e la collaborazione fra diverse figure professionali, può contribuire ad accrescere il numero di incidenti. Come azione complementare ad un approccio retrospettivo è riconosciuta l’importanza ed il valore  dell’approccio prospettico al fine di prevenire tipi di incidenti che ancora non sono avvenuti o seppur avvenuti, non sono riportati oppure per i quali non sono disponibili le lezioni apprese sulla base dell’esperienza.

L’attuale paradigma, per la gestione della qualità in RT, si focalizza su un approccio prescrittivo, basato su lesson learned e linee guida e non prevede l’analisi del rischio prima che si verifichi un incidente o un quasi-incidente. Non prende inoltre in considerazione in modo sistematico che vi sono tipi di incidenti potenziali, che non sono ancora avvenuti, e non consente neppure to look around the corner. Inoltre, proprio in vista della crescente complessità in RT un approccio di tipo prescrittivo che richiede di misurare e controllare tutto ciò che può essere misurato4 e quindi di effettuare tutti i possibili test e controlli, potrebbe diventare sempre più pesante e in definitiva anche impraticabile in un contesto di tempi e risorse sempre limitate.

Al contrario un approccio proattivo, strutturato e sistematico per identificare le debolezze del sistema, può  contribuire ad evidenziare in anticipo i possibili fallimenti e selezionare test e controlli da effettuare, in un modo razionale sulla base delle priorità in riferimento ai rischi, per consentire una scelta adeguata della distribuzione delle risorse. Questo nell’ottica di un beneficio sempre maggiore per il paziente.

I metodi di analisi prospettici del rischio 5,6 sono una grande risorsa per l’identificazione del rischio, la sua valutazione e quindi per la gestione della fase di riduzione del rischio e seguono un percorso comune a partire dalla ricerca dei potenziali errori e fallimenti, proseguendo con la stima del rischio e quindi con la valutazione delle proposte individuate per ridurre gli incidenti a più elevato rischio.

Metodi proattivi sono usati tradizionalmente in campo industriale e possono essere adottati e adattati anche per i trattamenti RT in quanto le tecniche di analisi del rischio contribuiscono a identificare gli aspetti vulnerabili  dei trattamenti RT e forniscono le basi per il decision making  nella scelta delle coerenti misure di sicurezza.  

5.3 Anticipare, quantificare e decidere sulla base delle informazioni sul rischio

Ogni modello di rischio e modello decisionale, affinché non diventi rapidamente obsoleto deve essere sufficientemente  flessibile per tenere conto di sviluppi successivi.

I metodi proattivi non sono da utilizzarsi per rimpiazzare in toto i metodi retrospettivi,  ma piuttosto per rafforzare ed integrare questi approcci in modo sinergico per migliorare la sicurezza complessiva del trattamento RT.

Tali approcci sono promossi da organismi internazionali quali ICRP7, IAEA8 e ESTRO9 e inoltre AAPM 10,  con il lavoro del Task Group 100 su ‘Methods for evaluating QA needs in radiation Therapy’ si  focalizza sulla necessità di disporre di un approccio che consenta un bilancio fra  sicurezza e le risorse disponibili, quindi un bilanciamento fra prescrittività e flessibilità 4

Quindi TG 100 disegna lo sviluppo di un ambito adeguato a progettare la attività di gestione della qualità, al fine di poter attribuire risorse sulla base della valutazione dei risultati clinici, dei rischi e dei potenziali fallimenti

Il rischio non è un concetto astratto, ma definito ad esempio come funzione della probabilità e gravità di un evento avverso e se il rischio è quantificato, si può misurarne la mitigazione e riduzione  del rischio che deriva da una gestione adeguata e controllata dello stesso.

Una gestione efficace del rischio richiede una quantificazione del rischio stesso.

Non è sufficiente un approccio che include solo aspetti qualitativi, ma deve essere usato un modello che  ne consenta una valutazione quantitativa .

Le proposte per un nuovo approccio prospettico nella gestione della qualità in RT, ricalcano  esperienze note nel campo dell’industria nei settori ingegneristici e applicate all’uso di nuove tecniche, in particolare per quanto riguarda il dilemma chiave esistente fra RISORSE e QUALITA’, ovvero l’ottimizzazione delle risorse al fine di massimizzare efficienza e sicurezza.

Viene anche spesso proposto un confronto fra profili di rischio di area medica e di area industriale, ricordando ad es. che il profilo di rischio della chirurgia di emergenza in cardiologia si posiziona ad un livello maggiore di quello in RT, ma, al tempo stesso, si può prendere in considerazione  l’area della anestesiologia che ha ridotto notevolmente il suo profilo di rischio negli ultimi 25 anni portandosi a un rischio confrontabile con quello dell’industria aereonautica 11.

L’identificazione dei punti deboli nel sistema richiede una chiara visione dell’insieme e in questo senso uno sviluppo metodologico dell’approccio, ad esempio basato su un diagramma di flusso, può essere utile.

In vista di strategie alternative a quelle attuali per la gestione del rischio la discussione si apre sulle implicazioni in termini di risorse. Essendo le risorse principalmente risorse umane (richieste per impostare tale strategia attraverso un approccio prospettico, ma con una impostazione locale ovvero legata alla realtà della singola struttura), la conoscenza del tempo richiesto e della corrispondente remunerazione dei vari gruppi professionali coinvolti costituisce una ragionevole base di valutazione delle risorse richieste.

La comunità di RT si preoccupa che l’applicazione di un approccio teso a ridurre i rischi e che deve essere locale e specifico, richieda risorse addizionali. Tuttavia bisogna considerare che da decenni,  le industrie mediche e farmaceutiche applicano tali approcci con risultati positivi. Anche per le organizzazioni, si può pensare che le risorse addizionali richieste a seguito dell’introduzione di processi migliorativi correlati, a loro volta indurranno miglioramenti nei processi risultanti incrementando così l’efficienza e la produttività dell’organizzazione.

Riassumendo, è necessario ricordare che gli incidenti avvenuti in RT hanno messo in evidenza l’esistenza di potenziali cause di errore e i differenti fattori che possono contribuire a questi errori; emerge la necessità di avere un approccio multidisciplinare che si possa basare sulla collaborazione di professionisti quali il radioterapista, il fisico, l’oncologo, il tecnico, l’infermiere, ma anche i costruttori di hardware e gli amministratori.

E’ probabilmente impensabile arrivare a rischio zero di errore e incidente in quanto le procedure di moderna RT sono caratterizzate da una intrinseca complessità tecnica. Tuttavia è importante definire una gerarchia e dare le priorità  nella riduzione di errori.

Bibliografia

1.) R. Clemen, R.T., 1996. Making Hard Decisions. second ed. Duxbury Press, Belmont, CA.

2.) R.D. Luce, H. Raiffa, 1957. Games and Decisions.Wiley, NewYork

3.) World Health Organization (WHO). Radiotherapy risk profile: technical manual. Geneva: WHO; 2009. http://www/who.int/patientsafety/activities/technical/radiotheraphy/en/index.html 

4.) M.S. Huq, B. A. Fraass,  P.B. Dunscombe, J.P.Gibbons, G.S. Ibbott, P.M.Medin, A. Mundt, S. Mutic, J.R. Palta, B.R. Thomadsen, J.F. Williamson, E. D. Yorke A method for evaluating quality assurance needs in radiation therapy. Int. J. Radiation Oncology Biol. Phys., 71, 1, S170.173, 2008

5.) D.I. Gertman, H.S. Blackman. Human Reliability and Safety Analysis Data Handbook,  John Wiley & Sons, Inc., New York (1994).

6.)• IAEA. Case Studies in the Application of Probabilistic Safety Assessment: Techniques to Radiation Sources. TECDOC 1494, (2006).

7.) ICRP, 2009. Preventing Accidental Exposures from New External Beam Radiation Therapy Technologies. ICRP Publication 112. Ann. ICRP 39 (4).

8.) IAEA, http://www-naweb.iaea.org/nahu/dmrp/syllabus.shtm

9.) http://www.estro-events.org/Pages/estro-eventsorgPages11thbiennial_pre-meeting.aspx

10.)  http://www.aapm.org/org/structure/default.asp?committee_code=TG100#13

11.) E.C. Ford, S.Terezakis. How safe is safe ? Risk in radiotherapy.   Int. J. Radiation Oncology Biol. Phys., Vol. 78, No. 2, pp. 321–322, 2010


6. Metodologie di analisi prospettica del rischio

Nella sezione precedente è stato messo in luce come un approccio prospettico all’analisi del rischio possa risultare di particolare interesse e utilità, specie nel caso di introduzione di nuovi strumenti e procedure di trattamento. Di seguito verranno descritte le principali metodologie impiegate a tale scopo.

  1. Failure Mode and Effects Analysis (FMEA)

L’FMEA è un metodo proattivo che consente di individuare a priori gli elementi e componenti di un processo che possono fallire e valutarne preventivamente le possibili conseguenze. Permette quindi di mettere in luce gli aspetti più deboli e critici del processo che richiedono miglioramenti, o che necessitano di un monitoraggio sistematico. Da ciò si evince come l’FMEA risulti particolarmente utile nell’analisi del rischio associato ad un nuovo processo prima della sua effettiva implementazione, o analogamente nella valutazione dell’impatto sul rischio derivante da un parziale cambiamento che si vuole attuare su un processo già esistente e collaudato.

L’FMEA è stata sviluppata alla fine degli anni ’40 dalle forze armate statunitensi al fine di classificare i guasti in base all’impatto sul successo delle missioni militari e sulla sicurezza del personale e degli equipaggiamenti. Successivamente, tale metodologia è stata estesa all’aviazione e all’industria aerospaziale, ai processi chimici industriali, al nucleare e all’automotive. Dal settore automobilistico l’applicazione dell’FMEA si è rapidamente diffusa verso altri ambiti industriali caratterizzati da processi di produzione dove è richiesto un elevato standard di qualità.

Più recentemente l’FMEA è stata introdotta nel settore medicale, dapprima nella progettazione dei dispositivi e apparecchiature da parte delle aziende del settore, e a seguire nelle strutture sanitarie e ospedaliere al fine di prevenire errori in procedure chirurgiche e somministrazione di terapie. L’applicazione dell’FMEA alla gestione del rischio clinico ha portato anche ad una sua parziale rivisitazione e alla nascita dell’HFMEA (descritta in seguito).

Il successo ottenuto mediante l’applicazione di tali strumenti a vari settori clinici, in termini di una drastica riduzione di errori di trattamento (emblematico è il caso dell’anestesiologia), ha portato alla rapida diffusione dell’FMEA (o HFMEA) in vari ambiti e strutture sanitarie, e anche la letteratura di riferimento è conseguentemente aumentata

L’applicazione dell’FMEA si basa alcuni passaggi fondamentali:

  1. Scelta del processo: questo primo step, sebbene ovvio, richiede un minimo di considerazione. Si può infatti avere di fronte un processo molto esteso e complesso, comprendente molteplici sotto-processi. In tal caso risulta più pratico lavorare per gradi e svolgere l’analisi partendo dai singoli sotto-processi piuttosto che affrontare l’intero processo nel suo insieme.
  2. Composizione del team di lavoro: il gruppo di lavoro preposto all’analisi FMEA di un dato processo dovrebbe essere composto da un rappresentante di ciascuna figura professionale coinvolta nel processo stesso. Si tratta quindi di un gruppo multidisciplinare che può comprendere anche una figura competente in materia, ma non strettamente direttamente coinvolta nel processo in studio, così da garantire un punto di vista esterno e non condizionato. Anche la presenza di un facilitator, che abbia una maggiore e specifica esperienza negli strumenti di analisi del rischio risulta un valore aggiunto.
  1. Analisi del processo: obiettivo di questa fase è schematizzare il processo in studio mediante la stesura di opportuni flow chart e/o process tree, strutture cioè che mettano in luce i vari step e sotto-processi che caratterizzano il processo in esame, e il modo in cui essi risultano inter-connessi. Ciascun componente del team porterà la propria esperienza nella definizione e schematizzazione delle sotto-fasi del processo che più gli competono. Relativamente al livello del dettaglio da usarsi nella schematizzazione deve essere raggiunto un buon compromesso tra una relativa semplicità del diagramma ed una affidabilità e realismo dello stesso.

E’ importante osservare come spesso già questa fase dell’analisi permetta di migliorare la conoscenza dell’intero processo in studio da parte di tutte le figure coinvolte, le quali hanno la possibilità di acquisire una visione globale del flusso di azioni caratterizzanti l’intero processo.

  1. Analisi dei rischi: una volta schematizzato il processo ed individuate le singole fasi e attività che lo caratterizzano, il gruppo di lavoro deve elencare per ciascuno step del processo tutti i possibili failure modes, ossia tutto ciò che potrebbe “andare storto”. Per ciascun fallimento individuato vanno quindi identificate le possibili cause e gli effetti potenziali derivanti da tale accadimento.
  2. Identificazione degli indici di rischio: una volta completata l’analisi dei possibili fallimenti si passa alla identificazione degli indici di rischio. A ciascun failure sono assegnati tre valori numerici ad indicare:

In genere per i tre indici viene usata una scala numerica da 1 a 10: il valore limite 1 è attribuito ai fallimenti meno probabili, meno severi e più facilmente rivelabili; il valore 10 al contrario caratterizzerà i fallimenti più probabili, più severi e più difficilmente rivelabili. Un esempio di classificazione specifico per i processi radioterapici, proposto dal TG100 dell’AAPM è mostrato in tabella 1.

Tabella 1  Classificazione degli indici di rischio proporti dal TG-100 dell’AAPM [1]

  1. Calcolo del Risk Priority Number (RPN) e relativa classificazione dei fallimenti: i tre indici O, S e D individuati nella precedente fase vengono tra loro moltiplicati così da ottenere il Risk Priority Number (RPN), un unico valore numerico (su scala 1-1000) che tiene conto complessivamente di quanto un fallimento possa essere probabile, della gravità delle possibili conseguenze e della possibilità di rilevarlo in tempo utile. I vari fallimenti individuati sono dunque ordinati sulla base dell’indice RPN associato.

  1. Piano di contenimento: azioni di miglioramento e/o correttive devono essere orientate principalmente ai modi di fallimento che presentano i più elevati valori di RPN. Tali azioni possono consistere sia in parziali modifiche del processo, così da ridurre la probabilità di accadimento di un failure e/o la severità delle sue conseguenze, sia nell’implementazione di ulteriori controlli nel processo atti ad aumentare la probabilità che il fallimento venga rilevato e corretto in tempo utile.
  2. Valutazione dell’efficacia delle misure attuate e monitoraggio: una volta messo in atto il piano di contenimento, concentrando gli sforzi e le risorse sugli aspetti più critici, è possibile valutarne gli effetti mediante una nuova stima dei singoli indici di rischio e dell’RPN; parametro che può essere anche rivalutato nel tempo per verificarne l’effettiva riduzione.

Nell’implementazione di una analisi con FMEA sono in genere utilizzati dei fogli di lavoro dedicati, ove inserire e riassumere i risultati. Un esempio di worksheet è schematizzato in tabella 2. Numerose sono anche le risorse e gli strumenti disponibili on-line. In ambito sanitario ad esempio, l’Institute for Healthcare Improvement mette a disposizione un sul suo sito web (http://app.ihi.org/Workspace/tools/fmea/) un tool dedicato all’analisi FMEA dove è possibile anche visionare i report di analisi condotte in diversi settori terapeutici dagli utenti e strutture registrate al portale.

Tabella 2 Esempio di foglio di lavoro FMEA

6.2  Healthcare Failure Mode and Effects Analysis (HFMEA)

L’HFMEA è una rivisitazione dell’FMEA in ambito sanitario, sviluppata dal Department of Veterans Affairs (VA) National Center for Patient Safety per tenere conto delle specificità del settore medico rispetto ad altre tipologie di processi industriali. Ha ovviamente molti punti in comune con l’FMEA a partire dalla scelta del processo da studiare e dalle caratteristiche richieste al gruppo di lavoro chiamato all’analisi. Individuati i possibili failure modes, l’HFMEA richiede per ciascuno di essi la valutazione della probabilità/frequenza di accadimento (indice O) e della severità delle conseguenze (indice S). Per entrambi gli indici è usata una scala da 1 a 4. Il Risk Priority Number RPN si ottiene dal prodotto dei due numeri e si colloca in una matrice di rischio (tabella 3) dove il valore minimo 1 caratterizza fallimenti con più bassa frequenza di accadimento e minore severità delle conseguenze, il valore massimo 16 caratterizza invece eventi catastrofici con più elevata probabilità di accadimento.

Tabella 3 Matrice di rischio nell’HFMEA

L’attenzione è posta sui failures aventi un RPN≥8, per i quali viene utilizzato un albero delle decisioni (figura 1) al fine di decidere se è opportuno intraprendere azioni correttive, o se al contrario il rischio di fallimento è ritenuto accettabile. Tale decisione è presa sulla base della criticità del failure mode in termini di possibile compromissione del funzionamento dell’intero processo, e sulla base della suo grado di rivelabilità.

Figura 1  Albero delle decisioni usato nell’HFMEA

Come l’FMEA anche l’HFMEA fa uso di opportuni fogli di lavoro, alcuni template e vario materiale relativo a tale tecnica è disponibile proprio sul sito web del Department of Veterans Affairs statunitense (http://www.patientsafety.gov/SafetyTopics.html).

FMEA e HFMEA hanno come vantaggi la semplicità sul piano concettuale, e il fatto di non richiedere particolari strumenti statistici e informatici per la loro esecuzione. Inoltre, come già evidenziato, queste tecniche consentono alle figure coinvolte nel processo in esame di acquisire maggiore consapevolezza circa la complessità del processo stesso visto nel suo insieme, al di là delle singole azioni di loro stretta competenza. La stima semi-quantitativa del rischio ottenuta con FMEA/HFMEA consente inoltre di razionalizzare le risorse focalizzando l’attenzione ai punti effettivamente più critici del processo.

Di contro, l’efficacia dei risultati ottenuti applicando queste metodologie possono in parte risentire dell’inevitabile grado di soggettività intrinseco all’analisi. Ad esempio, l’attribuzione di un particolare indice di rischio ad un fallimento è una scelta soggettiva e dipende dalle caratteristiche ed esperienza del team di lavoro. Un dato rischio può quindi essere, a seconda dei casi, sottostimato o sovrastimato, specie in mancanza di sufficienti dati e informazioni quantitative a disposizione.

Inoltre, queste tecniche di analisi del rischio non considerano la possibile interazione tra diversi fallimenti che possono verificarsi nel corso del processo e di come questi si propaghino nel sistema.

scopo.

  1. Probabilistic Safety Assessment (PSA)

Una metodologia prospettica di analisi del rischio che risulta essere maggiormente quantitativa e che non risente dell’elemento soggettività nei processi di valutazione è il Probabilistis Safety Assessment (o Probabilistic Risk Assessment). Il PSA è stato sviluppato agli inizi degli anni ’60 negli USA per la valutazione del rischio e affidabilità nei programmi aero-spaziali e missilistici. A seguito dell’incidente alla navetta Space Shuttle Challenger nel 1986 la NASA ha provveduto alla sua applicazione sistematica e al relativo sviluppo di tool e strumenti di analisi dedicati. E’ anche la tecnica standard per l’analisi e gestione del rischio negli impianti di produzione nucleare.

A differenza delle tecniche descritte in precedenza il PSA usa una distribuzione di probabilità per caratterizzare la variabilità, o l’incertezza, nella stima del rischio. Quindi le variabili utilizzate per la valutazione del rischio non sono più dei singoli numeri ma delle distribuzioni di probabilità. Analogamente, anche l’output dell’analisi con PSA è un intervallo o una distribuzione di probabilità del rischio.

Di seguito sono riassunti i passi principali necessari per condurre un analisi PSA.

  1. Definizione degli obiettivi dell’analisi del rischio e dei possibili stati finali: è necessario innanzitutto che gli obiettivi dello studio siano ben definiti e siano identificati gli stati finali (end states) verso i quali può evolvere il sistema a seconda dei possibili scenari. Tali end states sono classificati sulla base del tipo e severità delle conseguenze. Esemplificando il concetto, nel caso di una missione spaziale possibili stati finali vanno da un completo successo (rientro della navicella con equipaggio sano e salvo e strumentazione scientifica intatta) ad un completo insuccesso (mancato rientro della navicella), passando per tutti gli altri scenari intermedi (come perdita della strumentazione e/o di parte dell’equipaggio). Riportando tale esemplificazione all’ambito radioterapico si può identificare come scenario migliore quello che porta al trattamento del paziente giusto, nel posto giusto e con la corretta distribuzione di dose. Qualora si abbia una deviazione più o meno significativa da questa situazione ideale si otterranno stati finali meno felici (dall’erogazione di distribuzione di dose non ottimale, sino al trattamento del paziente sbagliato).
  2. Analisi del processo: come nelle metodologie FMEA/HFMEA, anche per il PSA è ovviamente pre-requisito familiarizzare con il processo in studio e raccogliere tutte le informazioni disponibili e dati relativi al processo stesso.
  3. Identificazione degli eventi iniziali (initial events): analizzato il processo è necessario individuare il set completo di eventi iniziali che danno il via ai possibili scenari accidentali. La stessa tecnica FMEA, mediante l’identificazione dei potenziali modi di fallimento del processo può essere d’aiuto in tale individuazione.
  1. Modellizzazione degli scenari accidentali: tramite una logica induttiva si schematizzano i potenziali scenari accidentali “triggerati” dagli eventi iniziali, costruendo i cosiddetti alberi degli eventi (event tree). Un event tree inizia con un initial event ed evolve verso diversi possibili end states a seconda del successo o fallimento di una serie di eventi intermedi (top event) che possono mitigare o aggravare le conseguenze finali. A partire da un evento iniziale si ottengono quindi diversi stati finali a seconda di come i vari eventi intermedi fanno evolvere il sistema. Un esempio generico di event tree è mostrato in figura 2: se si verifica l’evento A, poi l’evento B e così via fino all’evento N si ottiene uno scenario che evolve verso uno stato finale di successo, nonostante il sistema abbia subito inizialmente una perturbazione a seguito dell’initial event. Se al contrario uno o più top event non si verificano, gli scenari derivanti evolveranno verso stati finali meno favorevoli.

Figura 2 Esempio di struttura di un event tree

  1. Modellizzazione dei fallimenti: individuati i possibili scenari l’analisi PSA prosegue modellizzando il fallimento di ciascun evento top mediante una logica deduttiva. Per ciascun evento intermedio, così come per gli eventi iniziali si costruisce un fault tree, ossia uno schema costituito da un insieme di relazioni logiche tra eventi maggiormente complessi, come fallimenti a livello di sistema, ed eventi più elementari, come fallimenti a livello di singoli componenti. Un fault tree consente quindi di rappresentare un evento top in termini di combinazione di eventi elementari (basic events) la cui frequenza di fallimento può essere direttamente quantificata e misurata. Strumenti di logica booleana, tipicamente porte del tipo OR e/o AND sono usate per concatenare tra loro i vari eventi elementari. Un esempio generico di fault tree è mostrato in figura 3. Nell’esempio sono rappresentati quattro eventi elementari A, B,C e D; il verificarsi di A o B ha come conseguenza l’evento E. Se insieme a tale evento si verificano anche gli eventi C e D si avrà come conseguenza il fallimento (o in non-verificarsi) del top event.

Figura 3 Esempio di struttura di un fault tree

  1. Raccolta dati e analisi quantitativa: l’analisi quantitativa presuppone innanzitutto la raccolta dei dati necessari per popolare gli alberi dei fallimenti e degli eventi. In particolare è necessario poter stimare la frequenza di accadimento di ciascun evento elementare nei quali sono stati scomposti i top event. Sulla base della struttura dei fault tree si ricava quindi la probabilità di fallimento o successo di ciascun evento top. Tale calcolo si basa sulla corretta combinazione delle probabilità elementari (tenendo conto di eventuali probabilità condizionate) a seconda delle porte logiche presenti nel fault tree. Mediante lo stesso procedimento si stima la frequenza di accadimento di ciascun initial event. Ricavate le probabilità relative gli eventi iniziali e agli eventi top, si utilizzando gli alberi degli eventi delineati in precedenza per propagare la probabilità lungo i vari scenari, così da ottenere alla fine la probabilità associata a ciascun stato finale .
  2. Analisi delle incertezze: unitamente ai dati relativi alla frequenza/probabilità di ciascun evento elementare, è opportuno valutare anche il grado di confidenza di tale stima, esprimere quindi un’incertezza associata alle probabilità elementari. Come i valori delle probabilità, anche le incertezze vanno propagate lungo gli alberi (fault e event trees) così da ricavare alla fine non solo una stima numerica del rischio relativo a ciascuno scenario, ma sua distribuzione di probabilità. Metodi di simulazione Monte Carlo, insieme all’ausilio di opportuni strumenti informatici sono in genere richiesti per tali analisi.
  3. Analisi di sensibilità: metodologie di sensitivity analysis possono essere applicate nel PSA al fine di identificare tra tutti gli elementi del sistema (quindi tra tutte le probabilità elementari stimate) quelli che hanno un maggiore peso sul risultato finale nella valutazione del rischio. Tali elementi sono quelli per i quali una piccola variazione nel loro valore comporta i cambiamenti più significativi nelle stime finali del rischio. Sarà su questi elementi sui quali bisognerà porre maggiormente attenzione nella raccolta dei dati al fine di ottenere risultati affidabili.

Differentemente dall’FMEA il PSA permette una stima più quantitativa del rischio e della sua incertezza. La conseguente gestione del rischio, ossia la decisione di attuare ad esempio parziali modifiche al processo e/o di razionalizzazione gli strumenti di controllo ai punti effettivamente più critici del sistema hanno una base di partenza oggettiva. Si tratta tuttavia di una modalità di analisi più complessa, che richiede conoscenze statistiche e strumenti di calcolo dedicati, nonché ovviamente di un maggiore tempo e risorse da destinarsi alla sua implementazione.

6.4  Risk Matrix (RM)

Di più immediata realizzazione è la tecnica della matrice di rischio che consente una stima puramente qualitativa del rischio. Come per le metodologie precedentemente descritte, alla base di tale stima vi è sempre la valutazione della frequenza di accadimento di un dato evento iniziale, la gravità delle conseguenze dello scenario derivante e l’efficienza delle misure di sicurezza in atto. Viene usata una semplice scala qualitativa a quattro livelli per ciascuno di questi elementi (esempio frequenza di accadimento molto bassa, bassa, alta, molto alta; conseguenze minime, medie, gravi, molto gravi). I livelli vengono tra loro combinati a formare una matrice di rischio, come quella riportata in tabella 4.

Tabella 4 Matrice di rischio (f: frequenza di accadimento; P: probabilità di fallimento delle misure di sicurezza; C: conseguenze; R: rischio) [2]

In particolare il livello di frequenza è combinato con il livello di probabilità del fallimento delle disposizioni di sicurezza, e la combinazione risultante è ulteriormente combinata con il livello delle conseguenze. Due parametri dello stesso livello si combinano nello stesso livello, vale a dire "basso" con "basso" si traduce in "basso", "alto" con "alto" risulta "alto". Due parametri di diversi livelli si combinano in un livello intermedio: "alto" con "basso" si traduce in "medio". Quando il livello intermedio non è definito nella scala per la combinazione, viene scelta la combinazione più conservativa, cioè "alto" con "basso" risulta "alto".

La matrice così creata consente di filtrare gli eventi a basso rischio e concentrare l’attenzione a quelli ad alto rischio che potranno essere analizzati più nel dettaglio al fine di individuare le idonee contromisure.

Bibliografia

[1] http://chapter.aapm.org/ramps/documents/FMEA__Alfredo_%20Siochi.pdf (ultimo accesso 08/02/2012)

[2] ICRP Publication 112 “Preventing Accidental Exposures from New External Beam Radiation Therapy Technologies” Annals of the ICRP, Volume 39, Issue 4, 2009

7. Applicazione delle metodologie prospettiche in radioterapia

Dall’indagine condotta dall’Associazione Italiana di Fisica Medica (AIFM) è emerso che in Italia le esperienze di applicazione delle metodologie prospettiche in radioterapia si contano sulle dita di una mano. D’altra parte, anche le esperienze riportate nella letteratura internazionale sono ancora poche.

7.1 I progetti del FORO

Un lavoro particolarmente corposo e articolato è stato condotto dal “FORO Iberoamericano de Organismos Reguladores Radiológicos y Nucleares”, associazione nata nel 1997 con l’obiettivo di promuovere la sicurezza radiologica, nucleare e fisica al più alto livello nella regione iberoamericana (www.foroiberam.org). Il FORO, nell’ambito delle azioni per promuovere l’uso dell’analisi prospettica del rischio in radioterapia, ha realizzato due progetti, con l’obiettivo di valutare l’applicabilità degli strumenti di analisi del rischio, di individuare le principali cause di esposizioni accidentali e formulare raccomandazioni per la sicurezza del paziente:

In entrambe i casi l’analisi è stata condotta per un modello di dipartimento di radioterapia rappresentativo delle modalità di lavoro tipiche dei paesi coinvolti nel progetto ed è stata impiegata la tecnica FMEA per l’identificazione degli eventi iniziali che possono condurre a esposizioni accidentali  [3].

Nel primo progetto la tecnica del Probabilistic Safety Assessment è stata applicata ad un processo di trattamento radioterapico a fasci esterni con acceleratore lineare [4] .

Nel secondo progetto il metodo della matrice di rischio è stato applicato ai processi di radioterapia a fasci esterni con 60Co (18 paesi latino americani coinvolti) [5], brachiterapia (LDR e HDR), radioterapia a fasci esterni con linac (in Spagna 10 dipartimenti di radioterapia coinvolti).

Per entrambi i progetti la documentazione completa delle analisi condotte (in lingua spagnola) è disponibile sul sito internet www.foroiberam.org.

7.1.1 Analisi PSA

Gli eventi iniziali identificati con tecnica FMEA sono stati raggruppati e ciascun gruppo è stato trattato come singolo evento iniziale e modellizzato come un “fault tree”, ottenendo un elenco di eventi iniziali che danno origine a esposizioni potenziali. Una volta completato questo processo qualitativo, la frequenza annuale di ogni sequenza accidentale è stata calcolata come prodotto della frequenza dell’evento iniziale per la probabilità di fallimento delle barriere che dovrebbero agire durante l’evoluzione della sequenza.

Nell’analisi FMEA sono stati identificati 453 “failure mode” o errori che potrebbero potenzialmente causare conseguenze indesiderate, raggruppati in 118 eventi iniziali.

Nel modello di PSA sono state considerate 120 barriere e sono stati identificate 434 sequenze accidentali. E’ risultato che i 25 tipi più probabili di esposizioni accidentali coinvolgono il paziente, nessuno è associato a evento iniziale causato da malfunzionamento dell’apparecchiatura, 24 (di questi 25) sono esposizioni programmatiche, cioè comportanti una errata somministrazione di dose oltre ±10% per l’intero trattamento

Lo studio PSA mostra che 21 differenti sequenze accidentali sono responsabili del 90% delle esposizioni potenziali programmatiche. Tre misure di sicurezza possono evitare il 55% delle esposizioni accidentali gravi che coinvolgono l’intero trattamento di un singolo paziente:

D’altro lato, l’analisi PSA mostra che soltanto 9 sequenze di eventi sono responsabili del 90% delle esposizioni accidentali sistematiche, cioè che coinvolgono tutti i pazienti trattati in un centro. Tre misure di sicurezza potrebbero evitare il 77% delle esposizioni accidentali sistematiche o catastrofiche:

7.1.2 Analisi con matrice di rischio

La scelta del metodo della matrice di rischio è stata motivata dalla sua semplicità di applicazione. Sono state utilizzate scale qualitative a quattro livelli e l’attribuzione dei livelli della frequenza di accadimento, della gravità delle conseguenze e della probabilità di fallimento delle barriere è stata effettuata a partire dal giudizio esperto di vari specialisti (medici, fisici, dosimetristi e tecnici). La frequenza di accadimento degli eventi iniziali è stata estrapolata da dati di letteratura, non specifici per la radioterapia, per mancanza di  registrazioni storiche disponibili di eventi accaduti nella regione.

L’assegnazione del livello di gravità delle conseguenze è stata eseguita utilizzando due scale differenti, una per il paziente, l’altra per i lavoratori e le persone del pubblico.

Il livello di sicurezza delle barriere (interlock, allarmi e procedure) è stato inizialmente assegnato, in modo conservativo, basandosi soltanto sul numero delle barriere, per poi rianalizzare e riassegnare il livello in modo più realistico soltanto per le sequenze di eventi a rischio alto e molto alto.

Per la radioterapia a fasci esterni con 60Co sono stati identificati 76 eventi iniziali da tutte le fasi del processo di trattamento.

Le conseguenze di ogni evento iniziale sono state analizzate ipotizzando che non ci siano barriere, ma considerando gli elementi che potrebbero mitigare le conseguenze. Il livello delle conseguenze è stato stimato dal giudizio di esperti, considerando l’errore nella dose somministrata e le caratteristiche dell’esposizione accidentale (una frazione o tutto il trattamento o tutti i pazienti).

Una volta completata la matrice e ottenuto il livello di rischio per ogni evento iniziale, si è proceduto con l’analisi solo per gli eventi risultati a rischio alto o molto alto, analizzando la robustezza delle barriere esistenti, prendendo in considerazione gli elementi capaci di ridurre la frequenza di accadimento (cultura della sicurezza) o la gravità delle conseguenze (controlli di qualità e follow-up) e valutando la possibilità di inserire barriere addizionali.

Lo studio ha mostrato la necessità di aggiungere barriere per ridurre la probabilità di danno, quali, nel caso della radioterapia a fasci esterni con 60Co,  riunione di pianificazione multidisciplinare per ogni nuovo paziente, dosimetria in vivo, presenza di due tecnici alla macchina, audit esterni prima dell’utilizzo clinico di una apparecchiatura e periodicamente.

Inoltre, sono risultati molto importanti per la limitazione del rischio i riduttori di frequenza e di conseguenze, tra cui l’adeguata formazione del personale, l’utilizzo di moduli e protocolli standardizzati, il mantenimento del carico di lavoro a livelli moderati, l’esistenza di un programma di manutezione preventiva, la promozione della cultura della sicurezza, la rivalutazione settimanale del paziente, il controllo di qualità delle apparecchiature.

7. 2 Applicazione della tecnica PSA in radioterapia

La tecnica PSA è stata applicata anche da Ekaette [6] per valutare la probabilità di errori di somministrazione della dose ai pazienti di un grande centro radioterapico. E’ stata condotta una analisi sistematica del processo radioterapico ed è stato applicato il modello del fault tree alla fase di preparazione del trattamento. Le probabilità di accadimento sono state attribuite soggettivamente da un gruppo di esperti e poi paragonate con i dati registrati nel sistema locale di incident reporting. La probabilità di incidente nella fase di preparazione, stimata con l’analisi probabilistica, è risultata paragonabile a quella stimata sulla base dell’incident reporting e gli autori concludono che il metodo applicato è utile per identificare le componenti vulnerabili di un sistema e per fornire dati quantitativi per la gestione del rischio.

Più numerosi sono gli esempi di applicazione in radioterapia del metodo FMEA.

7. 3 Applicazione di FMEA al processo radioterapico

Sono state considerate 8 categorie di rischio, sono state utilizzate scale a 5 livelli per la probabilità di accadimento e di gravità delle conseguenze, dando origine a un punteggio di rischio da 1 a 25 per ciscuna categoria di rischio e calcolando poi un punteggio di rischio totale sommando i punteggi per categoria, arrivando così a punteggio massimo fino a 200.

L’analisi HFMEA è stata poi completa per il sottogruppo di eventi con punteggio superiore a un determinato livello di cut-off, approfondendo la comprensione delle conseguenze e determinando come difendersi dai potenziali eventi avversi associati. L’analisi ha permesso di identificare le fasi critiche nel processo di trattamento del paziente con impatto sulle registrazioni cliniche e di ricavare alcuni insegnamenti fondamentali, mettendo in evidenza limiti e peculiarità della radioterapia, quali l’assenza di un approccio sistemico nella progettazione, l’inesperianza nell’applicazione di metodi proattivi di valutazione del rischio, la presenza di un team multidisciplinare, con ruoli ben distinti legati alla qualifica professionale, l’importanza degli incontri multidisciplinari per il miglioramento.

  7.3.1 L’esperienza dell’Istituto Clinico Humanitas [10]

L’analisi del rischio adottata presso l’Unità Operativa di Radioterapia e Radiochirurgia ICH è presente dal 2008. La metodologia di analisi di rischio scelta è di tipo prospettico utilizzando la metodologia FMECA, Failure Mode, Effects and Criticality Analysis.

Tale progetto è stato caratterizzato dal coinvolgimento di un gruppo di lavoro costituito da tutto il personale dell’Unità Operativa e da un esperto della metodologia.

L’analisi del rischio, condotta attraverso metodologia FMECA, è stata svolta attraverso le seguenti fasi:

Il prodotto dei tre valori ha permesso di ottenere, per ciascuno dei Failure Mode, il valore dell’indice di rischio associato. I giudizi di tutti gli operatori sono stati processati con una media geometrica per ottenere un solo valore di rischio per ogni Failure Mode.

In Tabella 1 sono riportate le medie geometriche degli indici di rischio valutati.

Tabella 1  Medie geometriche degli IPR in ordine decrescente

E’ possibile osservare come le fasi che sono state valutate dagli operatori come più a rischio per il paziente corrispondano a:

Queste fasi del processo risultano molto critiche, secondo il parere degli esperti, in quanto spesso difficilmente rilevabili e dalle conseguenze potenzialmente molto gravi.

Un’altra fase del processo, ritenuta dagli operatori come rischiosa per il paziente, è la fase di schedulazione del Piano di Trattamento.

I tre Failure Mode elencati sono stati definiti come prioritari nella definizione delle azioni correttive da pianificare ed implementare al fine di ridurre il rischio ad essi associato.

In Tabella 2 sono state riportate le azioni correttive intraprese.

La metodologia applicata presso l’Unità Operativa di Radioterapia e Radiochirurgia ICH si è rivelata semplice da usare e molto flessibile e pertanto ben adattabile ad un processo complesso quale la Radioterapia.

Il progetto di Gestione del Rischio, inoltre, ha rappresentato un importante momento di coinvolgimento del personale dell’Unità Operativa, contribuendo a responsabilizzare gli operatori nei confronti della tematica del rischio clinico e ad aumentare in essi la consapevolezza dell’importanza di non sottovalutare l’errore e di monitorare attentamente il processo.

Questa forte sensibilizzazione degli operatori, unita alle azioni correttive adottate come risultato dell’analisi proattiva, ha portato ad una diminuzione del rischio di eventi avversi, che è costantemente monitorata.

Attualmente è in fase di sviluppo una nuova analisi del rischio focalizzata sui trattamenti di radioterapia stereotassica corporea (SBRT).

Tabella 2 – Failure Mode ed azioni correttive intraprese

7.4 Applicazione di FMEA ad un sistema di tumor tracking

Presso l’Universita di Stanford, California, [11] la tecnica FMEA è stata applicata in un ambito molto specifico: il commissioning e messa a punto del programma di Assicurazione di Qualità (QA) per un sistema di tumor tracking con collimatore multileaf dinamico (DMLC).

Questa innovazione tecnologica rappresenta una soluzione interessante per il controllo del movimento d’organo intra-frazione durante il trattamento radioterapico, ma, come per ogni altra promettente tecnologia, prima della sua applicazione nella pratica clinica  necessita di un’accurata analisi e della messa a punto di una linea guida per la Gestione della Qualità (QM).

Il diagramma di flusso dell’intero processo, dall’acquisizione della TC di pianificazione sino alla somministrazione della dose, è stato analizzato e l’impatto di ogni possibile evento negativo in ogni passo della procedura è stato quantificato mediante la scala di punteggio 1-10 per le tre variabili che concorrono alla definizione del fattore di Rischio (RPN):  probabilità di accadimento (Occurrency = O), gravità (Severity = S), rilevabilità (Detectability =D)

Setup sperimentali sono stati appositamente messi a punto e verificati per il commissioning, per i controlli di qualità giornalieri e mensili.  Sulla base delle conoscenze ottenute dalla FMEA, si è posta particolare attenzione ai seguenti parametri: accuratezza delle coordinate di trasformazione del sistema, tempo di latenza del sistema, accuratezza spaziale e dosimetrica, efficienza di somministrazione,  precisione e coerenza  di risposta del sistema alle condizioni di errore.

E’ stata eseguita un’analisi dei suddetti parametri anche alla luce delle differenti modalità di frazionamento: il valore del RPN nel caso di trattamenti ipofrazionati è risultato sistematicamente più elevato del suo corrispettivo in trattamenti con frazionamento convenzionale.

Un osservazione interessante degli autori riguarda l’applicazione del metodo FMEA alla radioterapia. Bisogna comprendere infatti che tale metodo nasce con un intento industriale e l’applicazione a processi che coinvolgono l’aspetto clinico va effettuata con cautela e profonda conoscenza dei possibili eventi avversi. In conclusione, la struttura della FMEA si adatta bene nel caso dell’implementazione clinica di nuove tecnologie, in quanto non si concentra solo sulle risorse e dove sono più necessarie, ma serve anche come un documento di base per analisi future, da aggiornare periodicamente durante la pratica clinica.

7. 5 Applicazione di FMEA in radioterapia intraoperatoria

IORT (Intraoperative Radiation Therapy) è una modalità di trattamento che prevede una singola frazione di dose, in fase chirurgica, al tumore esposto oppure al letto del tumore

In un recente lavoro [12] viene applicato l’approccio prospettico con FMEA per la tecnica IORT con acceleratore lineare mobile operante a 10-12 MeV.

In generale il processo di trattamento RT è costituito, secondo quanto esplicitato anche da WHO 2008, da 10 fasi: 1.valutazione del paziente, 2.decisione per il trattamento, 3.prescrizione del protocollo di trattamento, 4. posizionamento e immobilizzazione, 5. simulazione e determinazione del volume, 6. pianificazione, 7. trasferimento informazioni sul trattamento, 8. set up del paziente, 9 somministrazione del trattamento e 10. verifica del trattamento e monitoraggio. In considerazione del fatto che il trattamento IORT implica una singola frazione di dose effettuata durante l’intervento chirurgico le fasi da 4 ad 8 non sono applicabili, in quanto IORT non necessita di simulazioni e di un planning basato su immagini. Le prime tre fasi, come parte del processo decisionale medico, non sono state incluse in questa applicazione di FMEA e vengono quindi considerate come eseguite correttamente. Le parti di commissioning, calibrazione e mantenimento della strumentazione sono intese come prerequisiti. In definitiva l’albero del processo IORT si restringe a 2 fasi: somministrazione e verifica del trattamento.

Come mostrato in figura 1 per queste due fasi vengono definiti 24 sottoprocessi. Sono quindi identificate dieci modalità di potenziale fallimento e per ciascuna di queste si sono messi in evidenza le possibili cause ed effetti. Sulla base delle valutazioni effettuate ad opera dei membri dal gruppo di lavoro, che includono fisici e medici, si sono valutati i parametri di probabilità di accadimento (O), gravità (S) e rilevabilità (D) e quindi si è ricavato il risk priority number (RPN) per ogni modalità di fallimento. I valori di RPN riportati nella pubblicazione variano da 42 (O=2, S=3, D=7) per aggancio inaccurato al Linac fino a 216 (O=9, S=3, D=8) per disallineamento della schermatura interna rispetto alla direzione del fascio. I vari fallimenti identificati sono dunque ordinati sulla base dell’indice RPN associato, in tre casi viene superato il livello, considerato critico in ambito industriale, di RPN pari a 125.

Figura 1 Albero del processo per trattamento IORT nelle fasi di somministrazione e verifica del trattamento. ( CTV = clincal target volume, MU= monitor units, OR= operating room )

I fallimenti più critici riguardano un non corretto allineamento della schermatura interna, il calcolo delle Unità Monitor e un non corretto inserimento dei dati di trattamento alla console. Le potenziali cause di fallimento includono lo spostamento della schermo, errori umani come sottostima dell’estensione del CTV, fallimento nella comunicazione fra operatori e malfunzionamento della macchina.  I principali effetti dei fallimenti sono rappresentati da sottodosaggio al CTV, errore nella distribuzione di dose, irraggiamento erroneo di tessuti normali.

L’analisi condotta ha suggerito misure di sicurezza aggiuntive come ad esempio l’utilizzo di uno staff dedicato alla IORT, un doppio controllo del calcolo delle unità monitor e dell’inserimento dei dati ed inoltre la dosimetria in vivo.

7. 6 Applicazione di FMEA in SBRT

E’ in corso di pubblicazione l’esperienza di un centro radioterapico statunitense, il “Davis Medical Center” dell’Università Californiana di Sacramento (CA), che ha condotto l’analisi FMEA del processo di trattamento radioterapico con tecnica stereotassica del polmone (SBRT) [13].

Tale tecnica è operativa presso il centro dal 2006, con oltre 50 pazienti trattati.

Il team multisciplinare coinvolto nell’analisi era composto da due Radioterapisti, tre Fisici medici, un Tecnico Dosimetrista, un Capo Tecnico TSRM, due Analisti della qualità e un manager del Comitato Direttivo Medico con funzione di coordinamento.

Il processo FMEA è stato suddiviso in una serie di sessioni distinte che sinteticamente possono essere così riportate:

  1. Identificazione delle fasi di processo
  2. Discussione delle varie fasi analizzando la multidisciplinarietà, scindendo ogni fase in sottofasi sovrapposte
  3. Derivazione del Diagramma di Flusso complessivo del Trattamento
  4. Individuazione dei punti critici di ogni fase
  5. Creazione della scala di punteggio (1-10) per i tre parametri FMEA: Probabilità di accadimento (Occurrency = O), Gravità (Severity = S), Rilevabilità (Detectability =D)
  6. Calcolo del Fattore di Rischio (Risk Probability Number = RPN) mediante la moltiplicazione dei punteggi ottenuti dal singolo parametro (O x S x D = RPN (3-1000))
  7. Rivalutazione delle fasi che hanno ottenuto un punteggio RPN maggiore al fine di migliorare il processo.

Al termine del processo FMEA, che ha quindi comportato l’analisi strutturata di tutto il percorso clinico del paziente inerente la SBRT, è stata realizzata una classifica ordinata delle varie fasi del trattamento in base al punteggio RPN ottenuto. In questo modo sono stati isolati i “punti critici” di questa modalità di somministrazione della dose al paziente.

Il valore più alto è stato ottenuto per possibili errori nella marcatura del paziente mediante laser, in conseguenza anche della rotazione o traslazione del lettino di trattamento (RPN=80). Dopo un ampia discussione è stata cambiata la procedura tecnica per eseguire questa fase ed il valore di RPN è sceso a 20.

Un secondo punto critico rilevato è stato il possibile errore di allineamento dell’isocentro dovuto all’utilizzo della Cone Beam Computed Tomography (CBCT) (RPN = 60). Conseguentemente è stato assegnato un punteggio alto (RPN = 70) anche al set-up automatico di allineamento delle coordinate del lettino di trattamento. Su queste fasi si è intervenuti migliorando la QA (Quality Assurance) aumentando ad esempio la periodicità dei controlli.

Gli autori concludono commentando che l’analisi FMEA è un processo che comporta un intenso carico di lavoro dello staff, sia come numero di persone coinvolte, che come tempo dedicato alla discussione. Come risultato ne scaturisce però la modifica e/o il miglioramento di alcuni passaggi critici che ha come conseguenza diretta un aumento della sicurezza della tecnica analizzata.

Per questo si incoraggia l’utilizzo dell’analisi FMEA in particolar modo per le tecniche “speciali”.

Bibliografia

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  2. FORO Iberoamericano de Organismos Reguladores Radiológicos y Nucleares Aplicación del método de la matriz de riesgo a la radioterapia lineal.Vol. 1 e 2, 2010. disponibile su: http://www.foroiberam.org.
  3. C. Duménigo, M.L. Ramírez, P. Ortiz López, J.D. McDonnell, J.J. Vilaragut, S. Papadopulos, P.P.  Pereira, M. Gonçalves, J. Morales, R. Ferro, R. López Morones, R. Sanchez, J.M. Delgado, C. Sanchez, E. Larrinaga, F. Somoano, A. Guillén, M. Rodríguez, Risk analysis methods: their importance for safety assessment of practices using radiation, 12th International Congress of the International Radiation Protection Association, Buenos-Aires, 2008.
  4. J. J. Vilaragut Llanes., R. Ferro Fernández., M. R. Marti., P. Ortiz López., M. L. Ramírez., A. Pérez Mulas., M. Barrientos Montero., F. Somoano., J. M. Delgado Rodriguez., S. B. Papadópulos., P. P. Pereira, R. López Morones., E. Larrinaga Cortina, J. de Jesús Rivero Oliva, J. Alemañy. Probabilistic Safety Assessment (PSA) of the radiotherapy treatment process with an Electron Linear Accelerator (LINAC) for Medical Uses. 12th International Congress of the International Radiation Protection Association, Buenos-Aires, 2008.
  5. C. Duménigo, M.L. Ramírez, P. Ortiz López, J.D. McDonnell, J.J. Vilaragut, S. Papadopulos, P.P.  Pereira, M. Gonçalves, J. Morales, R. Ferro, R. López Morones, R. Sanchez, J.M. Delgado, C. Sanchez, E. Larrinaga, F. Somoano, A. Guillén, M. Rodríguez, Radiation safety assessment of cobalt 60 externali beam radiotherapy using the risk-matrix method, 12th International Congress of the International Radiation Protection Association, Buenos-Aires, 2008.
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