Tra le migliaia di sostanze che troviamo naturalmente sulla terra è facile imbatterci in qualche sostanza radioattiva. I materiali radioattivi sono presenti nel terreno, nell’aria, nelle pareti delle nostre case, negli uffici e addirittura nel cibo che mangiamo. Entriamo quotidianamente a contatto con queste sostanze senza accorgercene e le persone che si occupano di questo fenomeno chiamano la somma delle radiazioni a cui un uomo è esposto fondo naturale.
La radioattività è una proprietà di alcuni nuclei atomici instabili che tendono a modificarsi fino a quando non raggiungono uno stato stabile. Questo avviene attraverso l’emissione di energia sotto forma di radiazione. Il fenomeno fisico è noto come decadimento radioattivo e gli atomi instabili sono chiamati radionuclidi.
Il tipo di decadimento, l’energia e le tempistiche sono caratteristiche specifiche di ogni radionuclide:
- tempo di dimezzamento (T1/2) come il tempo necessario affinché metà degli atomi iniziali siano decaduti. Per fare qualche esempio in medicina si utilizzano radionuclidi con tempi di dimezzamento relativamente:
- brevi, come il Gallio-68 e il Fluro-18 che presentano T1/2 di 68 e 110 minuti;
- medi, come lo Iodio-131 con un T1/2 di 8 giorni;
- lunghi, come l’Iridio-192 e il Cobalto-60 con 74 giorni e 5 anni.
- Tipo di radiazione emessa. A seconda del tipo di decadimento possiamo avere l’emissione di 4 tipi di radiazione: particelle alfa, particelle beta, raggi gamma e neutroni. Anche l’energia di queste ultime dipende dal decadimento stesso.
In medicina nucleare sono utilizzati radionuclidi con caratteristiche di decadimento ottimali per gli scopi diagnostici o terapeutici inseguiti. Generalmente per scopi diagnostici si utilizzano radionuclidi con tempi di decadimento relativamente brevi (dell’ordine delle poche ore) e in grado di emettere radiazioni misurabili da un rivelatore esterno al corpo umano (generalmente i raggi gamma). Tecnezio-99m e Fluoro-18 sono due tra i radionuclidi più utilizzati. Il radionuclide viene generalmente legato chimicamente ad una molecola allo scopo di traghettarlo in distretti corporei di specifico interesse per lo studio che si intende fare. Il nuovo composto prende il nome di radiofarmaco. Ne è un esempio il legame tra Fluoro-18 e lo zucchero (in particolare desossiglucosio) nel radiofarmaco FDG che permette di studiare il metabolismo cellulare sfruttando il fatto che le cellule metabolicamente più attive sono ghiotte di zuccheri e vanno quindi ad accumulare il radionuclide. Entreremo più nel dettaglio in questo argomento quando parleremo di PET.
In terapia si vuole sfruttare la radiazione emessa per colpire le cellule bersaglio con lo scopo di danneggiarle o ridurne la proliferazione. Anche in questo caso si utilizzano dei radiofarmaci, studiati specificatamente per accumularsi il più possibile vicino alle cellule da trattare. Mentre in diagnostica è necessario che le radiazioni riescano ad uscire dal corpo per poter essere rivelate, nella terapia le radiazioni dovranno depositare la loro energia a brevissima distanza da dove si trovano le cellule da trattare. Per questo motivo vengono utilizzati radionuclidi che emettono radiazioni in grado di percorrere solo brevi distanze (massimo qualche mm), proprio come i raggi beta, alfa e gamma a bassa energia. Se il radionuclide utilizzato, come ad esempio Iodio-131 nella cura di alcune patologie tiroidee, emette radiazione che esce anche dal corpo del paziente questa può venire utilizzata per verificare la distribuzione del farmaco nel corpo attraverso misure esterne.
NB!! Il radiofarmaco non è un mezzo di contrasto e quindi non causa reazioni allergiche, è tollerato anche da chi è allergico ad alimenti, farmaci, e a mezzi di contrasto usati in radiologia.
Didascalia: Radiofarmaci diversi vengono impiegati per scopi diagnostici o terapeutici