A cura di Giuseppe Scalzo e Giancarlo Gialanella.
Ripercorrendo la storia ormai cinquantennale di questa tecnologia, si possono individuare diverse generazioni di reattori:
Generazione I: è quella degli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo, che vide la costruzione e la sperimentazione di molti prototipi delle più varie concezioni.
Generazione II: nei successivi anni Settanta e Ottanta si vide la costruzione di un gran numero di centrali commerciali per la produzione di energia elettrica, in massima parte ad uranio arricchito ed acqua naturale (pressurizzata o bollente). È dai reattori di questa generazione che attualmente proviene la maggior parte dell‘energia elettronucleare mondiale.
Generazione III: è costituita da reattori già disponibili sul mercato e comprende i reattori avanzati ad acqua naturale, come l‘Advanced Boiling Water Reactor (ABWR) e lo European Pressurized Water Reactor (EPR).
In sintesi, le caratteristiche tipiche per i reattori di III generazione sono:
– un progetto standardizzato che abbrevi le procedure di approvazione e riduca i tempi ed i costi di costruzione;
– alta disponibilità e lunga vita utile (tipicamente, 60 anni);
– presenza di dispositivi di sicurezza di tipo “intrinseco” o “passivo”;
– flessibilità nella composizione del combustibile (uranio naturale ed a vari arricchimenti, miscele uranio-plutonio, miscele uranio-torio) e sua alta “utilizzabilità” (burn-up), al fine di distanziare nel tempo le ricariche.
Generazione IV: sono reattori ancora allo stadio concettuale. Essi sono oggetto di una iniziativa avviata nel gennaio 2000 e che potranno divenire operativi intorno al 2025-2030, subentrando all‘attuale generazione di reattori a neutroni termici refrigerati ad acqua.
I sistemi nucleari di quarta generazione dovranno rispettare i seguenti requisiti:
– sostenibilità, ovvero massimo utilizzo del combustibile e minimizzazione dei rifiuti radioattivi;
– economicità, ovvero basso costo del ciclo di vita dell‘impianto e livello di rischio finanziario equivalente a quello di altri impianti energetici;
– sicurezza e affidabilità, con bassa probabilità di danni gravi al nocciolo, capacità di tollerare errori umani anche gravi, assenza di scenari credibili per il rilascio di radioattività fuori dal sito e protezione fisica contro attacchi terroristici
Per ragioni connesse con l‘ottimizzazione dello sfruttamento del combustibile nucleare e con la riduzione della produzione di materiali radioattivi ad alta attività, si va affermando l’adozione del ciclo chiuso del combustibile, che prevede il ritrattamento del combustibile scaricato dai reattore.
In tal modo il problema dello smaltimento di materiali radioattivi ad alta attività si pone solo per i prodotti non riutilizzabili (3%), le cosiddette “scorie ad alta attività” che includono solo i prodotti di fissione e gli attinidi minori.
Sono inoltre in corso di studio progetti per reattori critici o sottocritici alimentati da acceleratori di particelle, tra i quali il programma italiano TRASCO (ENEA-INFN) che si basa sulla fertilizzazione del torio tramite bombardamento di neutroni veloci, prodotti per spallazione da protoni accelerati ad alta energia.
Paradossalmente l’abbandono dell’energia nucleare è avvenuto in Italia quando erano ormai completati gli studi delle nuove centrali che hanno ormai una sicurezza talmente consistente da rendere il rischio accettabile.
Bisogna anche dire che gli incidenti nucleari più importanti sono avvenuti in centrali di vecchia concezione e al limite della loro operatività.
In definitiva si può affermare che lo sviluppo dell‘energia nucleare da fissione è legato alla necessità di competere a livello globale su larga scala, con i combustibili fossili, soprattutto nel periodo in cui l‘utilizzo di tali fonti si renderà ancora necessario sia a causa dell’aumento dei fabbisogni energetici (negli anni 2030-2050) che dei costi crescenti per esaurimento di tali fonti di energia.