A cura di Giuseppe Scalzo e Giancarlo Gialanella.
La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei si trasformano in altri emettendo particelle. Essi sono quindi instabili e sono detti radioattivi.
La radioattività esiste in natura per cui l’uomo è stato esposto ad essa dal momento della sua apparizione sulla Terra ed è presente ovunque: nelle Stelle, nella Terra e nei nostri stessi corpi.
La scoperta della radioattività è avvenuta alla fine dell’800 ad opera di Henry Bequerel e dei coniugi Pierre e Marie Curie che, per questa scoperta, ricevettero il premio Nobel.
Essi scoprirono che alcuni elementi emettevano particelle e che queste erano in grado di annerire una lastra fotografica e questo fenomeno venne chiamato radioattività.
Ricordiamo che la maggior parte degli atomi che costituiscono la materia sono stabili, cioè restano sempre tali e quali, anche quando subiscono reazioni chimiche ed entrano a far parte di una sostanza o di un’altra.
Accanto alla maggiora parte degli elementi stabili, contenuti in natura che quindi non si modificano nel loro contenuto di cariche positive o negative, ve ne sono alcuni che sono instabili perché contengono qualche protone o neutrone in eccesso.
Questa instabilità provoca l’emissione di particelle e l’elemento si trasforma in un altro elemento che può essere stabile o a sua volta emettere una particella e quindi essere a sua volta radioattivo e cosi via ma comunque tutti, dopo una o più trasformazioni, diventano stabili.
Ogni elemento radioattivo è caratterizzato dal tempo che impiega per trasformarsi e questo tempo è detta vita media che può variare da decimi di secondo a milioni di anni.
Oltre agli elementi radioattivi naturali che si trovano quindi sulla terra in concentrazione differente da zona a zona e in alcuni casi molto concentrati (miniere di uranio) l’uomo ha creato elementi radioattivi artificiali partendo da elementi naturali e sottoponendo questi ad esempio a bombardamento nei reattori nucleari.
Alcuni di questi elementi artificiali sono molto importanti perché sono utilizzati in Medicina. Ricordiamo infatti che ogni giorno vengono utilizzati radionuclidi artificiali nella diagnostica Medico Nucleare per ottenere immagini degli organi interni dell’uomo allo scopo di diagnosticare alcune patologie o di monitorizzarne altre durante le terapie.
Le radiazioni emesse dai nuclei radioattivi sono ionizzanti, perché la loro energia è tale da ionizzare gli atomi con cui vengono a interagire e cioè sono capaci di strappare da essi uno o più dei loro elettroni, e quindi possono anche rompere le molecole.
Quando un atomo radioattivo si trasforma, una parte della sua massa (m) si converte in energia (E), secondo la famosa formula di Einstein (E = mc2, dove c è la velocità della luce), e il risultato finale è lo sviluppo di calore. E’ un fenomeno che avviene spontaneamente e che segue al tempo stesso il caso e una legge assai rigorosa.
Il caso, perché considerando un dato atomo radioattivo è impossibile stabilire il momento nel quale esso si trasformerà, che appunto è dettato dal caso.
Una legge rigorosa, perché, considerando invece un gran numero di atomi radioattivi di una certa specie, si può stabilire matematicamente quanti di essi, mediamente, si trasformeranno durante un certo intervallo di tempo.
Più precisamente, come già detto, ogni diversa specie di atomi radioattivi è caratterizzata da un tempo caratteristico, chiamato “vita media”, che rappresenta il tempo vissuto mediamente da un atomo prima di trasformarsi e che è collegato con il tempo necessario perché una popolazione di quegli atomi si dimezzi e che per questo è chiamato “tempo di dimezzamento”; i valori di questo tempo caratteristico sono diversissimi a seconda della specie, da frazioni di secondo a miliardi di anni.
Ricordiamo che l’ unità di misura della radioattività si chiama Becquerel con simbolo Bq: 1 becquerel corrisponde a una disintegrazione al secondo.