A cura di Giuseppe Scalzo e Giancarlo Gialanella
A differenza della fissione nucleare che prevede la rottura degli atomi di un elemento chimico pesante (Uranio) e la liberazione di una notevole quantità di energia la fissione si basa su un processo fisico diverso è cioè facendo unire due atomi di due elementi chimici leggeri.
Infatti se riusciamo a far unire due nuclei di elementi leggeri come l’idrogeno e il trizio anche in tal caso si libera una notevole quantità di energia ma mentre la reazione di fissione avviene facilmente, in questo caso, per unire i due elementi bisogna confinarli e fare loro raggiungere una temperatura dell’ordine di un centinaio di milioni di gradi.
A partire dal 1955 vennero avviati, sia in Europa che negli USA, in Unione Sovietica e in Giappone, studi esplorativi che portarono alla scelta del ciclo deuterio trizio (D-T) per la generazione di centrali di produzione di energia. Poiché i nuclei sono dotati di carica elettrica positiva e, quindi, si respingono, per avvicinarli occorre spendere energia. La soluzione più efficace è riscaldare una miscela dei due gas fino a temperatura molto elevata (dell‘ordine dei 100-200 milioni di gradi). Per riuscirvi, occorre evitare il contatto con le pareti del recipiente in cui il gas è contenuto e ridurre al minimo la dispersione del calore. Peraltro già a 100 mila gradi, atomi e molecole si dissociano in nuclei positivi ed elettroni dando luogo a un nuovo stato della materia chiamato plasma. Mentre in un gas l‘interazione tra gli atomi avviene per contatto diretto, nel plasma l‘interazione avviene tramite i campi elettromagnetici prodotti dalle particelle cariche, con effetti anche a lunga distanza, in cui si somma il contributo simultaneo di molte particelle (effetti collettivi). Solo una piccola parte degli urti porta però al contatto ravvicinato fra due nuclei e quindi alla fusione.
La miscela di deuterio e trizio viene riscaldata ad alta temperatura fino ad ottenere il numero di fusioni richiesto per la produzione di energia, secondo il processo: 2D + 3T = 4He (3.5 MeV) + n (14.1 MeV). L‘energia sviluppata per ogni grammo di materia reagente è pari a circa 340 GJ, equivalenti a 8 tonnellate di petrolio.
Le condizioni fondamentali per la fusione controllata sono quindi essenzialmente due:
• riscaldamento del plasma fino alle temperature necessarie a produrre reazioni di fusione in misura sufficiente;
• contenimento ed isolamento termico del plasma (confinamento), per minimizzare le perdite di particelle e di energia e per realizzare un rapporto sufficiente tra energia depositata nel plasma dai prodotti di fusione e potenza persa.
Le caratteristiche operative di una centrale di produzione di energia basata sulla reazione D-T sono le seguenti:
• i nuclei di elio ionizzati (particelle alfa) prodotti dalla reazione di fusione, essendo carichi elettricamente, restano confinati nel volume del plasma e, avendo un'energia molto superiore a quella della miscela D-T, cedono questa energia al plasma stesso compensando le perdite;
• i neutroni sfuggono verso l‘esterno della configurazione e la loro energia viene depositata in un mantello posto attorno al plasma che ospita il sistema di raffreddamento primario.
Il mantello è costituito da un materiale a base di litio. I neutroni mentre vengono rallentati interagiscono con il litio producendo trizio. Le reazioni di produzione di trizio dal litio naturale (costituito al 7,6% da 6Li e al 92.5% da 7Li) sono le seguenti: 6Li + n = 4He + 3T + 4.8 MeV , 7Li + n = 4He + 3T + n – 2.5 MeV . Il trizio prodotto viene estratto ed è riciclato come combustibile nella camera di reazione. Quindi le materie prime per il combustibile della fusione (D-T) sono il deuterio, il trizio e il litio.
Nella reazione di fusione non si producono materiali radioattivi e quindi vi sono grandi aspettative e le centrali a fusione risolverebbero per sempre il problema dell’energia e l’inquinamento che ne deriva.